Ricchezza mondiale: 26 “Paperoni” possiedono più del 50%
“Qualcosa non funziona nella nostra economia”. Sono le parole con cui Oxfam, la ong che combatte la povertà in Italia e nel mondo, si rivolge ai grandi del mondo riuniti al World Economic Forum di Davos. Per partecipare bisogna essere soci e versare la quota associativa annuale di 52 mila euro e il gettone di presenza di 23 mila. Quest’anno gli ospiti sono circa 3 mila.
“Chi si trova all’apice della piramide distributiva continua a godere in maniera sproporzionata dei benefici della crescita economica, mentre centinaia di migliaia di persone vivono in condizioni di estrema povertà”.
Aumentano i poveri e aumentano le ricchezze dei pochi ricchi. Appena 26 super miliardari (contro i 43 del 2017) possiedono la stessa ricchezza di metà della popolazione mondiale. Un dato ancora più allarmante se lo si confronta con il numero di individui che ancora oggi sopravvivono con meno di 5,5 dollari al giorno, si parla di 3,4 miliardi di persone.
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Chi sono i “Paperoni”?
I dati del dossier sulle disuguaglianze globali pubblicato da Oxfam, fanno emergere una triste realtà: i ricchi sono sempre più ricchi, i poveri sempre più poveri. Lo studio indica che la ricchezza dei 1.900 miliardari censiti nell’ultima lista stilata dalla rivista Forbes è aumentata di 900 miliardi di dollari, l’1,2% rispetto a un anno prima. Mentre la condizione dei poveri è peggiorata, diminuendo addirittura dell’11%.
La top 10
Al primo posto ovviamente troviamo, Mr. Amazon, Jeff Bezos con i suoi 112 miliardi di dollari (proprietario anche del Washington Post). Al secondo posto, “fermo” a 90 miliardi di dollari troviamo Bill Gates, fondatore e CEO onorario di Microsoft. Sul gradino più basso del podio il re della finanza mondiale l’88enne Warren Buffet. Medaglia di legno per Beranrd Arnault, presidente e CEO di Louis Vuitton, che si consola con i suoi 72 miliardi.
Solo quinto con 71 miliardi il fondatore di Facebook, Marck Zuckerberg, complice anche l’annus horribilis appena trascorso. Sesto Amancio Ortega, fondatore della catena di abbigliamento Zara, con 70 miliardi. Al settimo posto con 67 miliardi troviamo Carlos Slim Hù, il re delle telecomunicazioni in Sud America, mentre all’ottavo e al nono posto con 60 miliardi, ci sono i fratelli Charles e David Koch, alla guida del più importante gruppo industriale a Statunitense.
Chiude la top 10 Larry Ellison, fondatore di Oracle.
Gli altri 16 ultra miliardari
Undicesimo Michael Bloomberg (50), dodicesimo Larry Page (48,8), tredicesimo Sergej Brin (47,5), quattordicesimo Jim Walton (46,4), seguito dal fratello S. Robson Walton (46,2) e dalla sorella Alice Walton (46). 17esima piazza per Ma Huateng (45,3), 18esima per Francoise Bettencourt (42,2), 19esima per Mukesh Ambani (40,1) e 20esima per Jack Ma (39), fondatore del colosso di e-commerce Alibaba, che recentemente si è dato alla filantropia.
Gli ultimi sei dell’elenco sono Sheldon Adelson (38,5), Steve Ballmer (38,4), Li Ka-Shing (34,9), Hui Ka Yan (30,3), Lee Shau Keee (30,3) e Wang Jianlin (30).
I motivi di questo fenomeno
Il rapporto di Oxfam sottolinea come i patrimoni di questi paperoni siano tassati in maniera minore rispetto ai “comuni mortali”. Come scritto anche da Il Sole 24 Ore, “l’aliquota di imposta sul reddito delle persone fisiche è passata dal 62% nel 1970 al 38% nel 2013”.
I Governi avrebbero infatti ridotto le aliquote massimali delle imposte sui redditi delle persone fisiche, e quelle delle imposte sui redditi d’impresa. Per non parlare poi dei 7.600 miliardi di dollari che, secondo le stime, i Paperoni nascondono al fisco e i circa 170 miliardi di dollari che le multinazionali fanno sparire nei paradisi fiscali ogni anno.
Interessanti le parole di Winnie Byanyima, direttore esecutivo di Oxfam International:
“il crescente divario tra ricchi e poveri ostacola la lotta contro la povertà, danneggia l’economia e alimenta la rabbia globale. I governi devono assicurare che le multinazionali e i ricchi paghino la loro quota di tasse”.
Vista la difficoltà nell’immaginare una simile quantità di denaro nelle mani di così pochi individui, il report fa un esempio utilizzando Jeff Bezos: l’1% del suo patrimonio basterebbe a coprire quasi per intero il budget sanitario dell’Etiopia, un Paese con circa 105 milioni di abitanti.
C’è da dire però che alcuni personaggi come Buffet, Gates e Bezos hanno sottolineato come i super ricchi paghino poche tasse in proporzione, e hanno ampiamente criticato la riforma fiscale voluta da Trump, riforma definita regressiva e che avvantaggia i ricchi a discapito della classe media.
Il rallentamento del progresso dei più poveri
Nello studio dello scorso anno, Oxfam rilevava che fra il 1990 e il 2010 il numero delle persone che vivevano sotto la soglia di 1,90 dollari al giorno si era dimezzato. La povertà estrema nel mondo infatti è in costante diminuzione da almeno trent’anni. Tuttavia quest’anno è stato evidenziato un netto rallentamento. Che cosa significa?
Il policy advisor di Oxfam Italia e fra i redattori del rapporto, Mikhail Maslennikov, spiega:
“Come segnala la stessa Banca Mondiale, il tasso di riduzione della povertà viaggiava alla media dell’1 per cento annuo ma è rallentato nel triennio 2013-2015 ed è stimato in ulteriore frenata. Questo vuol dire che si allontana l’obiettivo di sradicare la povertà estrema nel mondo fissato al 2030″.
Povertà estrema che presenta ormai una soglia non più adeguata a misurare la vera situazione di indigenza in molti angoli del pianeta, tanto che ora si vorrebbe prendere a riferimento quella di 3,20 o 5,50 dollari al giorno.