Fisco: niente proroga dopo il 20 luglio
Da una parte, in Senato, viene approvato definitivamente il Decreto Rilancio. Dall’altra sponda da parte del Ministero dell’Economia arriva il veto per una proroga dei versamenti di saldo 2019 e acconto 2020 delle imposte sui redditi già slittate dal 30 giugno al 20 luglio.
Una proroga che secondo le stime del Ministero interesserebbe un flusso di cassa pari a 8,4 miliardi di euro. Una cifra importante per un Paese che, a causa lockdown, ha registrato un forte caldo di entrate tributarie e contributive (pari a 22,2 miliardi di euro rispetto allo stesso periodo del 2019) nei primi cinque mesi dell’anno. La proposta dal viceministro Antonio Misiani e riportata da Il Sole 24 Ore è quella di una vera e propria riprogrammazione delle scadenze fiscali di settembre. Ovvero dando più tempo per versare le rate di Iva, ritenute e contributi sospese per marzo, aprile e maggio e i cui pagamenti dovranno essere effettuati entro il 16 settembre in unica soluzione o nella prima delle 4 rate fino a dicembre.
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Fisco: la causa della mancata proroga
Il sottosegretario al tesoro Alessio Villarosa durante il question time in commissione Finanze alla Camera, si dice rammaricato di questa decisione. “Il governo” afferma Villarosa all’ANSA “ ha rinviato le scadenze ordinarie del 30 giugno e del 30 luglio con maggiorazione dello 0,4%, rispettivamente al 20 luglio e al 20 agosto.” Un’ulteriore proroga inciderebbe significativamente sull’elaborazione delle previsioni delle imposte autoliquidate della Nota di aggiornamento al DEF. Documento che deve essere presentato in Parlamento entro la fine di settembre.
Decisione, che ha destato clamore tra i banchi dell’opposizione che hanno definito questa decisione come “follia pura”. La proposta della Lega prevede che, sia dato seguito all’ordine del giorno Gusmeroli, accolto durante l’approvazione del decreto Rilancio, che non vengano applicati interessi e sanzioni sino al 30 settembre.
Ora la palla passa al Ministro Roberto Gualtieri che si è fatto carico delle responsabilità inerenti ad una situazione davvero spinosa. L’idea è quella di una riforma che abbassi la pressione fiscale sul lavoro attraverso la lotta all’evasione e all’elusione.
Riforma fiscale: le proposte di Gualtieri
“Contiamo anche con la diretta partecipazione del presidente del Consiglio a breve di riconvocare il tavolo della riforma fiscale e di accelerare il lavoro”. Queste le parole del Ministro Gualtieri che ha indicato la direzione di questa corposa riforma:
- riduzione dell’Irpef su lavoro;
- sostegno alla genitorialità;
- lotta all’evasione e all’elusione;
- razionalizzazione del sistema delle detrazioni fiscali.
Insomma, un intervento apparentemente concreto che potrebbe incidere su due macro-problemi che ormai da anni affligge il nostro Paese: il costo del lavoro e quelli di natura demografica.
Nel confronto internazionale l’Italia ha un cuneo molto elevato, qualunque sia la retribuzione presa a riferimento.
Nel caso di un lavoratore single con retribuzione media (31.000€ lordi l’anno), fatta 100 la retribuzione netta: le imposte pesano per il 32% e i contributi carico lavoratore per un altro 14%; i contributi carico datore pesano per il 61% (Fonte: Confindustria). Un costo del lavoro decisamente importante e che incide negativamente sull’occupazione. Il Problema demografico riguarda il basso tasso di natalità e un aumento esponenziale dei pensionati rispetto agli occupati.
Gualtieri promette un grande patto per lo sviluppo che vede coinvolte alle politiche pubbliche, l’impresa ed enti vocali. L’intenzione è quella di aprire il Paese ad investitori internazionali e realizzare una nuova visione in cui il ruolo dello Stato nel contribuire a catalizzare processi di innovazione e crescita con la collaborazione pubblico-privato. Premesse che sono state messe in dubbio viste le ultime vicende riguardanti le concessioni di Autostrade per l’Italia.
La paura è che questa rappresenti un precedente pericoloso nei confronti degli eventuali investitori. Il timore è quello che gli imprenditori si vedano revocate le concessioni a causa di diatribe politiche.
La speranza è quella che si possa avere finalmente una solida economia capace di accrescere la produttività a prescindere dal colore politico del governo. Che non si instaurino pericolosi sistemi clientelari già ben radicati nel nostro Paese. Che finalmente non si trovi un nemico comune immaginario da combattere ma che ci si prenda le proprie responsabilità per dare finalmente credibilità all’Italia.