Mondo del lavoro: cosa cambierà dopo il Covid?

come cambierà il mondo del lavoro?

come cambierà il mondo del lavoro dopo il Covid?

Il 2020 rappresenta un punto di svolta nelle nostre vite relazionali ma soprattutto nelle nostre vite lavorative. Siamo ormai alle porte della tanto acclamata “Fase 2”: spaventati, confusi, non sappiamo ancora cosa ci aspetta nei prossimi mesi. L’unica certezza è che dopo la tempesta del Covid-19, pochi elementi rimarranno costanti. Il mondo del lavoro verrà rivoluzionato e i primi effetti è possibile riscontrarli già nelle ricerche di profili lavorativi su LinkedIn da parte delle aziende. 

Ma cosa ci aspetta esattamente al termine dell’emergenza sanitaria? Come cambieranno i posti di lavoro? L’Italia è pronta allo smart working? Che impatto avrà il Covid-19 sulla disoccupazione? 

Con esattezza non possiamo saperlo, ma basandoci su dati statistici possiamo fare delle previsioni a riguardo.

La Manovra anticrisi porterà un deficit aggiuntivo

Secondo il Sole 24 ore , gli interventi mirati a contenere gli effetti della pandemia sull’economia mirano a modificare in modo strutturale la nostra finanza pubblica.

Il Governo in Parlamento ha proposto 411,55 miliardi di indebitamento aggiuntivo  fino al 2031. Già 112,6 miliardi solo nell’intervallo 2020-2022.

Vi è anche l’intenzione di cancellare le clausole Iva nate nel 2011. Questo per poter fornire degli elementi di certezza alle imprese e ai cittadini, che si troveranno a riprogrammare tutti i piani di investimento.

Il PIL al termine del 2020 crollerà dell’8%, per poi risalire del 4,7% nel 2021, grazie ad un pacchetto di aiuti europei e all’addio della clausole IVA precedentemente nominate.

In che modo l’emergenza sanitaria si abbatterà sulla disoccupazione?

L’Organizzazione Internazionale del Lavoro non propone uno scenario favorevole. Il Covid-19 potrebbe causare un incremento di disoccupati nel mondo che si aggira intorno ai 25 milioni di persone. Dato che si andrebbe sommare ai 188 milioni di disoccupati conteggiati nel 2019.

In una nota pubblicata ed intitolata “COVID-19 e il mondo del lavoro: impatto e risposte” la stessa organizzazione ha esposto l’urgenza di agire con misure orientate su tre fronti:

  • proteggere i lavoratori;
  • stimolare l’economia e l’occupazione;
  • sostenere il lavoro e il reddito.

Tali misure comprendono l’estensione della protezione sociale, il sostegno per mantenere il lavoro e sgravi finanziari e fiscali, anche per le micro, piccole e medie imprese. Inoltre, la nota propone misure di politica fiscale e monetaria e sostegno finanziario per specifici settori economici.

Parola d’ordine nel mondo del lavoro: adattamento

Bill Gates ha detto la sua sui cambiamenti nel mondo del lavoro attraverso un’intervista rilasciata al capo-redattore di LinkedIn Daniel Roth durante una puntata del podcast “This is Working”. Secondo il patron della Microsoft, nonostante un eventuale allentamento delle misure previste dal lockdown, parlare di un ritorno alla normalità è senz’altro prematuro.

In questa fase di convivenza con il virus, nell’attesa di un vaccino da distribuire su larga scala, tutto cambierà e dovremo fare i conti con un adattamento a questo “nuovo mondo”. Un mondo che si sta avvicinando sempre più al digitale proponendo delle soluzioni fino ad ora impensabili. 

Bill Gates crede che ci saranno molti meno viaggi di lavoro e che la maggior parte delle riunioni avverranno secondo un modello virtuale. Allo stesso modo prevede una rivoluzione copernicana e digitale per quanto riguarda la Giustizia che punta a realizzare tribunali virtuali.

Per quanto riguarda la didattica a distanza il co-fondatore di Microsoft si mostra scettico. Per lui l’attività sociale, la possibilità di fare amicizie e di avere un insegnante molto bravo non possono essere sostituite da una connessione internet.

Insomma un cambiamento culturale che porti a cogliere i benefici della flessibilità e ad abbracciare una nuova idea di occupazione secondo cui il lavoro non è più misurato in ore. Benefici conseguiti grazie ad un bilanciamento vita-lavoro, finalizzato ad una  nuova organizzazione dei propri compiti basata sui risultati e non sugli orari specifici.

Ma l’Italia è pronta per lo Smart Working? 

In un articolo su lavoce.info, Boeri e Caiumi evidenziano la vocazione italiana verso l’industria. Questo aspetto rende complicato il passaggio al lavoro da remoto. Un quarto degli Italiani lavora nel settore manifatturiero con un livello limitato di digitalizzazione e robotizzazione.

Tre milioni e mezzo di operai lavora ancora nell’industria.

Industrie che molto spesso sono di dimensioni piccole e medie che non hanno la possibilità di investire in tecnologie che consentono di restare produttivi a casa. 

Ovviamente tutto dipende da settore a settore. Un’indagine di ManagerItalia pone al centro la questione delle aspettative dei manager nei confronti dello Smart Working. Il 51% dei manager è convinto che potrebbe giovare al benessere dei lavoratori e alla produttività aziendale. In particolare:

  • il 61% di essi si occupa di servizi assicurativi, bancari e finanziari;
  • il 32% di essi si occupa di turismo ed hospitality;
  • il 7% di essi che si occupano di altri settori occupazionali.

Quindi non sapremo dire con certezza se l’Italia è pronta ad un modello di lavoro agile. Possiamo però affermare che alcuni settori lo sperimentano già da anni con importanti risultati come ad esempio le aziende nell’ITC. Ma se si vorrà lavorare in questo periodo di convivenza con il Covid, non ci resta che attrezzarsi