Elisabetta Franchi, il sessismo in tacchi a spillo
Si stanno diffondendo a macchia d’olio le critiche sul discorso che Elisabetta Franchi, nota stilista di alta moda femminile, ha tenuto ad un evento sulle donne e sulla moda organizzato da Il Foglio in collaborazione con una Big4, PWC.
Le donne le ho messe, ma sono anta. Se dovevano far figli o sposarsi lo avevano già fatto e quindi io le prendo che hanno fatto tutti i giri di boa, sono al mio fianco e lavorano h24, questo è importante.
Da Welcome to Saint Tropez a Welcome to medioevo, è stato un attimo! Le polemiche non sono tardate ad arrivare ovviamente, così come le risposte della stilista. Andiamo con ordine però. Non per dare visibilità ad una persona che, forse, di visibilità ne ha già tanta, anzi troppa, cerchiamo di capire chi è colei che ha detto che assume, anzi “mette”, solo collaboratrici anta che lavorano h24. Come se si vivesse solo per lavorare o come se le persone fossero ornamenti per la sua prossima sfilata!
Cosa troverai in questo articolo:
Elisabetta Franchi, chi è
Premessa: giuro che spenderò davvero pochissime parole. Da donna non ancora anta e che di giri di boa non ne ha fatto ancora nessuno, dubito che la Franchi meriti più di qualche periodo.
Elisabetta Franchi è una di quelle persone che potremmo definire “self-made-woman”, una donna che si è fatta da sola. Nasce a Bologna nel 1968 da una famiglia di estrazione umile. Dopo gli studi, inizia a lavorare come commessa presso il mercato di Bologna fino a quando nel 1995 apre un piccolo atelier. È nel 2006 che fa il botto acquisendo una ditta farmaceutica che diventa il quartier generale della Maison attuale. Dal 2012 arriva il successo con ricavi su ricavi.
Beh, ve lo avevo promesso. Poche parole per cercare di inquadrare una persona che sembra aver dimenticato le origini umili da cui proviene.
Quali sono le affermazioni che hanno scatenato la polemica su Elisabetta Franchi?
Come anticipato, Elisabetta Franchi è stata l’ospite d’onore dell’evento “Donne e moda: il barometro 2022” organizzato da PWC ed il Foglio. Un evento dedicato proprio al sostegno del lavoro femminile nella moda.
Adesso io parlo dalla parte dell’imprenditore: quella posizione è scoperta dopo che un imprenditore ci investe tempo, energia e denaro, è un problema. Anche io da imprenditore e responsabile della mia azienda, spesso ho puntato su uomini.
Questa è forse la frase che racchiude al meglio l’intero discorso. Un discorso che fatto da una donna, che è contemporaneamente imprenditrice e madre, fa accapponare la pelle perché non si addice per nulla a tutte le lavoratrici che giorno dopo giorno cercano di conciliare carriera e famiglia riuscendoci alla perfezione. Tra l’altro un discorso che viene spiattellato ai quattro venti proprio nei giorni in cui ricade la Festa della Mamma.
Va fatta una premessa: oggi le donne le ho messe, ma sono anta, comunque ancora ragazze ma cresciute. Se dovevano far figli o sposarsi lo avevano già fatto.
Non so cosa faccia maggiormente rabbrividire, se l’utilizzo del verbo “mettere” per indicare l’aver assunto una donna in un determinato ruolo o la frase “se dovevano far figli lo avevano già fatto!”. Come se una donna non potesse guadagnarsi quel determinato posto con il proprio lavoro e con i propri sacrifici ma dovesse ringraziare Donna Elisabetta Franchi per averle concesso il privilegio di essere assunta o come se avere una famiglia o voler avere dei figli fosse un impedimento all’efficienza lavorativa di una persona. Purtroppo, però l’Italia, tralasciando per un attimo la Franchi, dal punto di vista lavorativo è un paese molto maschilista.
La she-cession, la recessione femminile dal mondo del lavoro
No, non è un film. La she cession esiste davvero ed è tutta italiana. È una recessione femminile che non riguarda solamente il mondo del lavoro ma che ha come punto di partenza la pandemia da Covid 19. Basti pensare che nel 2021 su 101mila nuovi disoccupati, 99mila erano donne. Nel 2021, le donne occupate che vivevano in coppia con figli erano solo il 53,5% contro l’83,5% degli uomini a condizioni di parità. Una donna su due ha visto peggiorare la propria situazione economica. Se poi ci si trova di fronte una persona come Elisabetta Franchi che in sede di colloquio ti chiede “Ma tu hai figli? Ne vuoi altri? Vorrai sposarti un giorno?” beh la situazione futura tanto migliorativa non sarà.
Ovviamente la Franchi, dopo aver capito di aver fatto una figura non tra le più belle, ha fatto un passo indietro dichiarando quanto segue:
L’80% della mia azienda sono quote rosa di cui: il 75% giovani donne impiegate, il 5% dirigenti e manager donne. Il restante 20% sono uomini di cui il 5% manager. C’è stato un grande fraintendimento per quello che sta girando sul web, strumentalizzando le parole dette. La mia azienda oggi è una realtà quasi completamente al femminile.
Mia cara Elisabetta, qui nessuno ha frainteso nulla. Le parole sono chiare anzi fin troppo limpide e cristalline. Saresti stata più coerente e forse anche più apprezzata se avessi continuato sulla tua assurda (ma personale) linea di pensiero nei confronti della quale poteva esserci chi era d’accordo e chi no ma, cambiare rotta cercando di ricomprarti il popolo femminile non ancora anta non è una mossa da stratega. Vedi le persone che vanno avanti per la loro strada anche se hanno il mondo contro vengono apprezzate di più rispetto a quelle che cambiano verso a seconda del vento che tira.
Le donne, e questo non è assolutamente un cliché, non perdono la loro efficienza lavorativa perché a casa hanno un bebè o un marito che le aspetta. Non avere figli piccoli da accudire, non giustifica il lavorare h24. Una donna che ha superato gli anta con figli ormai grandi, merita di avere una vita al di fuori del lavoro tanto quanto una donna, che è ancora negli enta, merita di far carriera nel mondo del lavoro sia che abbia già a casa uno scricciolo ed un marito sia che li voglia in un futuro prossimo o lontano!