Barbie, il film cult che ha colorato di rosa i botteghini
She’s everything. He’s just Ken.
Il 20 luglio scorso è uscito il film “Barbie” nelle sale italiane. Film diretto da Greta Gerwing, divenuto subito campione di incassi. Definito sin dalla prima uscita un film da record, ha battuto tutte le pellicole che in precedenza erano state girate da una donna, incassando molto di più già dal primo giorno. Quali sono stati i numeri? Beh, basti pensare che in Italia ha incassato ben 7,7 milioni di euro solo dopo i primi quattro giorni. E stiamo parlando del nostro Paese. Negli Stati Uniti ha incassato la modica cifra di 155 milioni di dollari. Beh, mica male per una bionda?
Ma perchè ultimamente è balzata così tanto agli onori della cronaca? Non si tratta del banalissimo film sulla vita della bambola bionda tutta tette e poco cervello? A quanto pare no. Scopriamolo assieme.
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Barbie, cosa si nasconde dietro al successo
Premesso che potrebbero esserci degli spoilerini minuscolissimi durante la lettura dell’articolo, il film di Greta Gerwing è al centro di un dibattito acceso e sta facendo davvero tanto parlare di sé. Chi, da piccola, è stata una “Barbie addicted” sa che la più famosa bambola ha subito non pochi restyling al suo look nel corso degli anni. Voleva un cavallo? Ecco che diventava mora e vestita da cavallerizza. Voleva essere una regina? Capelli biondi,corona, abito regale e via.
Se da una parte siamo sempre stati abituati a vedere l’aspetto di Barbie cambiare a seconda dell’occasione, nel film vedremo una Barbie che sì cambia ma esclusivamente dal punto di vista psicologico.
Non è più la Barbie, stereotipo di frivolezza e stupidità, ma è la Barbie che cerca di far capire quanto dannosi siano gli stereotipi.
Gli stereotipi
Purtroppo, ed è brutto dirlo, la nostra società è piena di stereotipi e Barbie forse ne rappresenta l’emblema. E non perchè sia bionda, bella, alta e magra (canoni quasi irrealizzabili). Non tutti sanno che la prima vera Barbie è nata come imitazione di una bambola per adulti venduta nel 1955 in Germania con il nome di Bild Lilli. La nonna delle Barbie con cui abbiamo giocato tante tante tante volte quando eravamo piccole, altro non era che l’escort delle vignette sexy pubblicate negli anni ‘50 sul giornale tedesco Bild. La Mattel infatti, quando mise in commercio la prima Barbie, fu accusata di plagio. Accuse che caddero solo perchè la più famosa società comprò il brevetto di Bild Lilli. Da qui un vero e proprio colosso economico con una mole di affari di ben 32.6 miliardi di dollari.
Barbie, la frivolezza che cela l’attualità
Sì, è vero. Ed è inutile che diciate di no. Tutti, o quasi tutti, non appena vi è capitato di guardare il traier avete pensato due cose: la prima “Ecco, l’ennesimo film stupido sulla bambola bionda” e la seconda “Ecco, l’ennesimo film sulla donna emancipata che tutto può e tutto fa”. Mi dispiace ma in entrambi i casi avete toppato.
Il film della Gerwing è un misto tra impegno femminista e frivolezza, considerata una qualità importante nel gioco delle parti. Basti pensare che Barbie, nel film, viene definita una bambola fascista perchè rappresenta un ideale perfetto (ma impossibile) da raggiungere. E’ un modello praticamente inarrivabile che mina l’autostima femminile. Ma allo stesso tempo è una Barbie che vuole rompere questi schemi, che vuole discostarsi dal ruolo e dall’immagine che le è stata disegnata e che forse, adesso, le va stretta. E magari dovremmo prendere esempio da lei. Magari dovremmo dire anche noi basta a tutti quegli stereotipi non sono sociali, appiccicati addosso come sanguisughe.
E’ un film potente questo di Barbie. Un film che, tra un “Ciao Barbie”, una marea di rosa e Ken che rappresenta l’emblema della inutilità, tocca temi che vanno dal consumismo al capitalismo a quello più importante della rappresentazione del proprio corpo. Ed è proprio con la scena finale, quella in cui Barbie va dal ginecologo, che si tocca la parte più alta del film. Con una semplice ma potente scena, Barbie esprime la sua volontà di avere il controllo su di sé e sul proprio corpo. E forse è questo il motivo per il quale questo film ha avuto sin da subito un impatto sul sociale molto forte.
Non è un film banale, dunque. E’ un film che tutti, di qualsiasi sesso e di qualsiasi età, dovrebbero vedere almeno una volta nella vita. Ma soprattutto dovrebbero capirlo.