Come un bambino e le sue Adidas hanno salvato Lego
La situazione di Lego è stata piuttosto stabile negli ultimi anni, fatta eccezione per il 2017, quando l’azienda ha sofferto un calo nelle vendite, già in fase di recupero. I dati del 2018 confermano il trend positivo. Stando al report pubblicato sul sito di Lego Group, la casa produttrice di giocattoli nel 2018 avrebbe fatturato 35,4 miliardi di corone danesi, l’equivalente di circa 4,8 miliardi di euro, ricavandone un profitto netto di 8,1 miliardi (circa 1,1 miliardi di euro). Il reddito operativo ha raggiunto i 10, 8 miliardi di euro, +4% rispetto ai 10,4 miliardi relativi al 2017. Le vendite globali sono invece cresciute del 3%.
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Periodi di crisi
Se in questi ultimi tempi i dati relativi all’azienda sono stati molto buoni, nei primi anni duemila una pesante crisi ha messo in ginocchio Lego. Nel 2003 il deficit di 188 milioni riportato dal bilancio di fine anno aveva costretto a operare dei tagli sul personale che hanno interessato 1000 dipendenti. Il fatturato era calato del 30% rispetto al 2002. Il motivo della crisi è semplice: un sostanziale cambiamento del modo di giocare. Ma questo è stato compreso solo in seguito.
Durante i primi anni del nuovo millennio nelle case hanno iniziato a diffondersi console per videogiochi: questo fatto ha fortemente danneggiato i produttori di giocattoli “tradizionali”. Lego è stata fondata nel 1916 da un falegname, ma è diventata famosa a livello globale solo sul finire degli anni ’50. Il successo di cui ha goduto l’azienda danese è riconducibile ad un semplice concetto: i bambini hanno la possibilità di realizzare oggetti che garantiscono una soddisfazione personale nell’esatto momento in cui completano una costruzione. Con l’avvento della tecnologia la forma mentis dei bambini è molto cambiata: i videogiochi hanno sostanzialmente ridotto fantasia e creatività.
Le scarpe Adidas che hanno salvato Lego
Ed è così che l’azienda ha iniziato a cercare vie alternative per interessare il mercato. Parchi a tema, abbigliamento, cinema, videogiochi. Inoltre ha stretto collaborazioni con grandi case come la Disney, Lucas Film, Warner Bros, DC Comics. Poi, nel 2004, l’azienda si è rivolta all’esperto di marketing Martin Lindstrom, che ha lavorato per trovare una strategia che potesse risollevare la situazione ma che allo stesso tempo consentisse un ritorno al prodotto di punta: le costruzioni. In un’intervista a Fortune, Lindstrom ha raccontato di un’importante svolta nel mind set aziendale, avvenuta durante una ricerca di mercato in cui veniva intervistato un bambino di 11 anni, che abitava in una piccola cittadina tedesca. Alla domanda su quale fosse il suo oggetto preferito, lui ha risposto:”Un paio di vecchie Adidas“. Il motivo? “Perché costituiscono la prova che sono il più bravo skater in città”.
Cambio di rotta
I vertici della divisione marketing Lego hanno così compreso come fosse cambiato il modo di giocare dei bambini del ventunesimo secolo. Il gioco non si concretizza più in una gratificazione immediata ed istantanea, data dall’aver realizzato qualcosa con le proprie mani. Ciò che conta adesso, per i bambini, è il voler mostrare i risultati del proprio impegno. Più è grande il risultato, maggiore è la considerazione che le altre persone hanno nei confronti di chi lo ha conseguito. Lego ha quindi cominciato a trasformare il prodotto in modo tale che potesse essere conforme alle nuove esigenze richieste dal mercato. Ha riprogettato le proprie costruzioni, in modo tale che i mattoncini fossero più piccoli e numerosi, le istruzioni sempre più dettagliate.