Ferie cancellate, “scatta il licenziamento”: dovete lavorare e basta | anche il 15 agosto in ufficio

Lavoratori in fabbrica

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Una nuova circolare del Ministero del Lavoro introduce importanti novità sul fronte delle assenze ingiustificate.

Il mondo del lavoro è in continua evoluzione e una recente circolare n. 6/2025 del Ministero del Lavoro ha chiarito alcuni aspetti cruciali introdotti dal cosiddetto Collegato Lavoro (legge n. 203/2024). Tra le diverse novità, che spaziano dai contratti stagionali allo smart working, un punto particolarmente delicato riguarda le dimissioni per fatti concludenti, ovvero la possibilità che un’assenza prolungata e ingiustificata del dipendente possa essere interpretata come una volontà di recedere dal contratto.

Questa nuova interpretazione normativa, che ha già suscitato un acceso dibattito tra esperti del settore, introduce un elemento di potenziale rigidità nel rapporto di lavoro, soprattutto per quanto concerne la gestione delle assenze, comprese quelle che potrebbero sovrapporsi a periodi di ferie programmate o a eventuali imprevisti.

La circolare ministeriale si sofferma in particolare sull’articolo 19 della legge 203/2024, che ha modificato l’articolo 26 del D.lgs. n. 151 del 2015, introducendo il concetto di “dimissioni implicite”. Questa nuova fattispecie potrebbe avere ripercussioni significative sulla gestione delle assenze da parte dei lavoratori e sulle politiche aziendali relative alle ferie e ai permessi.

Analizziamo nel dettaglio cosa prevede questa nuova normativa e come un’assenza ingiustificata prolungata potrebbe portare alla conclusione del rapporto di lavoro, con potenziali implicazioni anche per chi si trovasse impossibilitato a rientrare al lavoro dopo un periodo di ferie o per chi dovesse assentarsi per motivi imprevisti.

Assenza ingiustificata oltre i 15 giorni: scattano le dimissioni implicite

La novità più rilevante introdotta dalla circolare riguarda il caso in cui un dipendente si assenti dal lavoro senza fornire alcuna giustificazione per un periodo superiore a quanto previsto dal contratto collettivo applicato o, in mancanza di specifiche previsioni contrattuali, per oltre 15 giorni consecutivi.

In questo scenario, il datore di lavoro ha la facoltà di inoltrare una segnalazione all’Ispettorato Nazionale del Lavoro per le opportune verifiche. A seguito di questa comunicazione, il rapporto di lavoro si considera concluso per volontà del lavoratore, equiparando di fatto l’assenza prolungata a delle dimissioni volontarie, senza la necessità di seguire la procedura standard prevista per le dimissioni formali.

Lavoro
Donna che lavora (Canva Foto) – managementcue.it

Il ruolo del contratto collettivo e le alternative per l’azienda

La durata dell’assenza che può portare alla cessazione del contratto non è fissa a 15 giorni, ma può variare in base a quanto stabilito dal Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL) applicato. Se il CCNL prevede un periodo di assenza ingiustificata superiore ai 15 giorni come motivo di risoluzione del contratto, sarà quella la soglia da considerare. In assenza di specifiche indicazioni, si applicherà comunque il limite legale dei 15 giorni consecutivi (salvo diverse disposizioni del contratto collettivo).

Il Ministero del Lavoro precisa inoltre che molti contratti collettivi prevedono soglie di assenza ingiustificata inferiori per legittimare un licenziamento per giusta causa o per giustificato motivo soggettivo, seguendo la tradizionale procedura disciplinare prevista dall’articolo 7 dello Statuto dei Lavoratori.