Depressione e lavoro: 12 miliardi di giornate perse ogni anno, cosa dice la legge?

Illustrazione di un ragazzo che non sta bene (Pexels FOTO) - www.managementcue.it

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La depressione è un problema che con il passare del tempo sta peggiorando la situazione di molte persone, soprattutto lavoratori.

La depressione…è come un’ombra che ti si appiccica addosso, un peso che ti porta sulle spalle e ti fa sentire sempre stanco, svuotato. È come se il mondo fosse diventato in bianco e nero, e anche le cose che prima ti facevano sorridere, ora ti lasciano indifferente. Non è solo tristezza, è un senso di vuoto, di incapacità, di disperazione. 

La depressione è una di quelle cose che non si vedono, ma che colpiscono milioni di persone di lavoratori in tutto il mondo. È una disturbo invalidante e, secondo l’OMS, entro il 2030 sarà la prima causa di giornate lavorative perse per disabilità, superando persino le malattie cardiovascolari.

Ogni anno, si perdono circa 12 miliardi di giornate lavorative a causa di depressione o ansia, e il costo economico globale si aggira intorno ai 1.000 miliardi di dollari. Insomma, è un problema su tutti i fronti.

Se un lavoratore ha una diagnosi di depressione maggiore, ha il diritto di richiedere un’astensione retribuita dal lavoro, proprio come per altre malattie. È importante parlarne, perché spesso si tende a sottovalutare l’impatto che la salute mentale ha sul lavoro e sulla vita quotidiana.

Aspettativa retribuita e non retribuita

Parliamo di aspettativa sul lavoro. In sostanza, si tratta di una sospensione temporanea dell’attività lavorativa, ma con il diritto di conservare il posto. Questo è regolato dalla Legge n.53/2000, che stabilisce che l’aspettativa può essere retribuita se la depressione è diagnosticata; l’aspettativa può non essere retribuita se legata ad aspetti gravi, come motivi personali o familiari, come per esempio un disagio psicologico non diagnosticato.

La durata massima di questa aspettativa è di 2 anni nell’arco della vita lavorativa, anche se frazionati. È disponibile per i lavoratori dipendenti, ma non per i lavoratori autonomi. Quindi, se sei un dipendente e hai bisogno di un po’ di tempo per te stesso, ci sono delle opzioni!

Illustrazione di un ragazzo che non sta tanto bene (Pexels FOTO) - www.managementcue.it
Illustrazione di un ragazzo che non sta tanto bene (Pexels FOTO) – www.managementcue.it

La situazione dal punto di vista legale

Ci sono tre principali opzioni legali per chi ha a che fare con la depressione. C’è la malattia per depressione, in questo caso si ha diritto alla retribuzione con certificazione medica, oppure si può prendere l’aspettativa dal lavoro, ma in questo caso non è prevista la retribuzione se il disagio personale non è certificato. E non bisogna dimenticarsi dell’invalidità civile: in questo caso, se la depressione influisce con il rientro a lavoro, si può ottenere un’indennità. In questi casi gioca comunque un ruolo l’INPS in quanto calcola la percentuale di invalidità (e i criteri, naturalmente!): si ha un’invalidità del 100% se ci si trova davanti ad un grave caso di deficit funzionale, tra il 61 e l’80% se la depressione è ricorrente ma moderata.

La valutazione dell’invalidità si basa su criteri clinici e funzionali definiti nelle Linee guida INPS. È un processo che può sembrare complicato, ma è fondamentale per chi ha bisogno di supporto. Esistono, comunque, degli obblighi da seguire. Chi è in malattia deve rispettare orari di reperibilità per eventuali controlli dell’INPS. Ma c’è un’eccezione per la depressione: la Cassazione (sentenza n. 9647/2021) ha stabilito che il lavoratore depresso può uscire per attività ludiche o sociali senza rischiare il licenziamento.