AI e lavoro: 300.000 posti a rischio entro il 2030, ma c’è anche un lato positivo

Illustrazione del contatto tra automazione e uomo (Pexels FOTO) - www.managementcue.it

Illustrazione del contatto tra automazione e uomo (Pexels FOTO) - www.managementcue.it

L’AI ormai è parte integrante delle nostre vite, ma molti dei lavori che noi conosciamo potrebbero sparire, ma ci sono anche alti positivi.

Parliamoci chiaro: l’intelligenza artificiale sta rivoluzionando il mondo del lavoro, e far finta di niente non serve a molto. Secondo Goldman Sachs, da qui al 2030 l’AI potrebbe eliminare 300.000 posti di lavoro. Roba da far venire i brividi, no? Ma non è tutto negativo: lo stesso studio dice che questa tecnologia potrebbe far crescere il PIL mondiale del 7%.

Insomma, non è un gioco a somma zero, e se da una parte alcuni mestieri rischiano di scomparire, dall’altra potrebbero nascere nuove opportunità. Il punto è che in alcuni settori l’automazione non è più solo una previsione, ma una realtà sempre più concreta.

Il 46% delle attività potrebbe essere automatizzato, il che significa che molte delle cose che oggi facciamo con le nostre mani o con la nostra testa, domani potrebbero essere eseguite da macchine intelligenti. Pensiamoci un attimo: cosa è successo con l’avvento dei computer? All’inizio c’era il panico, poi sono nati nuovi ruoli che prima nemmeno esistevano. È sempre stato così con il progresso tecnologico.

Detto questo, non possiamo semplicemente stare a guardare e sperare che tutto si aggiusti da solo. Se vogliamo che l’AI e l’automazione siano strumenti di progresso e non di esclusione sociale, dobbiamo prepararci. La chiave? Investire nella formazione e nella riqualificazione, perché il lavoro del futuro non sarà quello di oggi.

I lavori a rischio di estinzione

Ci sono lavori che stanno già scomparendo, e altri che potrebbero seguirli a breve. L’automazione colpisce soprattutto i lavori manuali e operativi, quelli in cui le macchine possono fare lo stesso lavoro con meno errori e a costi più bassi. Ecco qualche esempio. I Tassisti potrebbero non esistere più “grazie” all’avvento di veicoli autonomi, così come i postini: esistono già droni che stanno rendendo il servizio postale sempre meno dipendente dall’uomo. Non dimentichiamoci dei piloti e anche dei lavoratori nei fast-food.

Ma attenzione, l’AI non si limita a minacciare i lavori manuali. Anche professioni ad alta specializzazione sono nel mirino dell’automazione. Uno studio della Princeton University ha individuato alcune delle professioni che potrebbero sparire o subire forti trasformazioni. In primis  i cassieri, e questo lo possiamo già osservare quotidianamente grazie alla presenza delle casse automatiche. Ma, secondo i ricercatori, anche gli operatori di telemarketing potrebbero essere sostituiti (non mancano le chiamate “registrate” che ti illustrano i prodotti), gli impiegati in banca, i commercialisti, i fotografi e gli agenti immobiliari. Questa lista non è certo esaustiva, ma basta a farci capire quanto il cambiamento sia profondo e trasversale.

Illustrazione di una fabbrica automatizzata (Pexels FOTO) - www.managementcue.it
Illustrazione di una fabbrica automatizzata (Pexels FOTO) – www.managementcue.it

Le opportunità del futuro

Ora, però, non facciamoci prendere dallo sconforto. La storia ci insegna che ogni rivoluzione tecnologica porta con sé sfide, ma anche opportunità. L’AI può migliorare la produttività, creare nuovi lavori e, in alcuni casi, persino migliorare la qualità della vita. Pensiamoci: grazie all’AI possiamo automatizzare compiti ripetitivi e pericolosi, liberando tempo ed energie per lavori più creativi e stimolanti. Per esempio, mentre un algoritmo fa i calcoli, un consulente può concentrarsi sul rapporto con i clienti. O mentre una macchina lavora in fabbrica, un tecnico può occuparsi della progettazione e della manutenzione.

Il ruolo umano rimane fondamentale in tutti quei mestieri che richiedono empatia, creatività e pensiero critico. Nessuna macchina può sostituire la capacità di un medico di tranquillizzare un paziente, l’intuizione di un artista o la sensibilità di un insegnante nel capire di cosa ha bisogno uno studente. Per affrontare questa rivoluzione dobbiamo investire nella formazione e nella riqualificazione delle professioni.