Le difficoltà legali, politiche ed europee rendono complicato l’uso del Golden Power contro l’acquisizione di Bpm da parte di UniCredit.
L’annuncio di Unicredit riguardo all’acquisizione di Banco BPM ha suscitato una certa reazione politica in Italia, in particolare tra i partiti di governo.
La Lega e Fratelli d’Italia hanno mostrato una certa perplessità sulla mossa. Nello specifico, si chiedono se l’uso del Golden Power sia opportuno per proteggere l’economia nazionale.
Quest’ultimo è stato introdotto in Italia nel 2012 e consentirebbe al governo di intervenire su operazioni di mercato che potrebbero minacciare la sicurezza e gli interessi strategici del Paese.
Tuttavia, l’uso di questo strumento in un caso come quello di Unicredit appare complesso e solleva diverse questioni legali e politiche. Ma come funziona il Golden Power?
Il Golden Power è uno strumento che nasce per proteggere asset strategici da interventi di aziende straniere o di paesi che potrebbero rappresentare una minaccia. Con il passare del tempo il Golden Power si è esteso ed è ora possibile applicarlo a numerosi settori, tra cui infrastrutture e banche. In Italia nasce nel 2012, ma si è rafforzata ulteriormente nel 2019. Questo per riuscire a contrastare mosse strategiche da parte di paesi extraeuropei, come Cina e Russia. In tal senso, si ritiene necessario tutelare le aziende europee in momenti di difficoltà economica. Il governo può richiedere informazioni dettagliate sull’operazione e imporre condizioni specifiche. Ma in casi estremi può addirittura vietare l’operazione stessa.
Nel caso di UniCredit e Banco BPM, si evidenzia però una particolarità. Nello specifico, entrambe le banche sono italiane, quindi non rientrano nelle classiche situazioni di rischio nazionale che il Golden Power cerca di prevenire. In teoria, la legge ne consente l’intervento. Tuttavia, il fatto che si tratti di un’acquisizione interna al mercato europeo rende l’eventuale veto un caso anomalo. In particolare, la Corte di Giustizia Europea ha cercato di sollecitare un’uso limitato del Golden Power. Questo perché si ritiene opportuno riservarlo per minacce reali. Da qui è palese che ciò complica ulteriormente l’utilizzo contro UniCredit.
L’uso del Golden Power contro UniCredit sarebbe problematico per almeno tre motivi principali. Prima di tutto, prima di ora non si sono mai verificati interventi del genere nel settore bancario. Infatti, dal 2019 ad oggi solo 11 operazioni hanno subito il veto (su un totale di 2.256). Tra queste, nessuna apparteneva all’ambito bancario o erano coinvolte due società italiane. Inoltre, l’unico caso di Golden Power applicato contro un soggetto europeo riguardava il gruppo francese Safran. Ciò ha portato a forti tensioni diplomatiche e infatti il veto è stato poi ritirato. La seconda motivazione è che la Commissione Europea considera il Golden Power uno strumento protezionistico. Di conseguenza è in grado di tollerare il suo utilizzo solo in caso di minaccia evidente. Tutte queste dinamiche che si stanno creando tra le due banche italiane potrebbero esporre la nazione stessa a critiche e possibili sanzioni europee.
L’ultima motivazione riguarda il fatto che, qualora il governo decidesse di usare il Golden Power per bloccare l’acquisizione di Banco BPM, potrebbe nascere una disputa legale. Infatti, UniCredit potrebbe fare ricorso al Tar o al Consiglio di Stato. In merito, il Ministro dei Trasporti Matteo Salvini ha definito UniCredit una “banca straniera” per via della composizione azionaria. Tuttavia, ciò non basta a giustificare un veto, dato che l’istituto rispetta tutte le normative italiane ed europee. In definitiva, le attuali condizioni legali e il contesto europeo rendono improbabile che il governo italiano possa imporre un veto senza conseguenze.