I Paesi ricchi, durante la Cop29, si impegnano a stanziare 300 miliardi di dollari all’anno per sostenere la lotta alla crisi climatica.
Alla Cop29 di Baku, i paesi più ricchi del mondo hanno deciso di aumentare i finanziamenti destinati ai paesi in via di sviluppo, raggiungendo 300 miliardi di dollari all’anno. Questo impegno, pensato per contrastare i devastanti effetti della crisi climatica, è stato accolto come un passo avanti, anche se con molte riserve.
Dietro a questo accordo c’è una lunga maratona di negoziati, protrattasi ben oltre i tempi previsti. Le discussioni si sono intensificate durante la notte, coinvolgendo delegazioni di paesi come Cina, Arabia Saudita, Brasile e altre nazioni chiave. L’obiettivo era chiaro: superare le profonde divisioni su due temi fondamentali, i finanziamenti per il clima e l’abbandono dei combustibili fossili.
La prima proposta di 250 miliardi di dollari, avanzata dai paesi ricchi, è stata accolta con rabbia dai rappresentanti del mondo in via di sviluppo, definendola “ridicola” rispetto alle loro necessità.
La successiva offerta di 300 miliardi ha evitato il collasso del summit, ma non ha soddisfatto pienamente nessuna delle parti. Come ha sottolineato António Guterres, segretario generale dell’ONU: “È un passo avanti, ma restano molte sfide da affrontare.”
I paesi in via di sviluppo, già in prima linea di fronte agli effetti del cambiamento climatico, hanno ribadito che servono finanziamenti molto più consistenti e, soprattutto, garantiti sotto forma di sovvenzioni dirette piuttosto che prestiti. Queste nazioni stanno affrontando cicloni devastanti, siccità prolungate e innalzamento del livello del mare, problemi che richiedono risposte immediate e risorse certe.
Nonostante il nuovo accordo preveda una combinazione di fondi pubblici, tasse ambientali e investimenti privati per arrivare a 1,3 trilioni di dollari entro il 2035, molti rappresentanti del Sud globale temono che gran parte di queste somme saranno vincolate a condizioni o legate a meccanismi complessi e poco accessibili.
Oltre ai finanziamenti, un altro tema ha incendiato i dibattiti: la transizione dalle fonti fossili alle energie rinnovabili. Anche se l’urgenza di abbandonare petrolio, gas e carbone è ormai riconosciuta, alcuni paesi, come l’Arabia Saudita, hanno cercato di eliminare ogni riferimento esplicito a questo impegno nei documenti ufficiali. L’Azerbaigian, che ha guidato i negoziati, è stato accusato di aver ridimensionato l’importanza di questo passaggio nei testi finali, attirandosi le critiche degli attivisti e di alcuni stati favorevoli a un’azione più decisa. Per molti, questo compromesso rischia di vanificare l’obiettivo di contenere l’aumento della temperatura globale entro i limiti fissati dall’Accordo di Parigi.
Nonostante tutte le difficoltà, l’impegno di 300 miliardi di dollari all’anno rappresenta comunque un progresso rispetto alle offerte iniziali. Tuttavia, i paesi in via di sviluppo e le organizzazioni ambientaliste avvertono che non sarà sufficiente a evitare il peggioramento delle condizioni climatiche.Mentre la Cop29 si chiude tra speranze e dubbi, il messaggio più chiaro è che il tempo per agire è sempre meno. I fenomeni climatici estremi stanno aumentando, e senza azioni rapide e concrete, le conseguenze saranno irreversibili. La domanda ora è se le promesse fatte a Baku si trasformeranno davvero in cambiamenti tangibili o resteranno parole vuote in un contesto sempre più critico.