Tassa internet, usarlo ora non è più gratuito: la nuova legge non lascia scampo | Ti tocca spegnere il pc
Internet non sarà più gratuito per nessuno: ecco perché spegnere il pc potrebbe diventare l’unica opzione.
Oggi, vivere senza internet è praticamente impensabile. Siamo sempre connessi, che sia per lavorare, fare acquisti, guardare un film o semplicemente passare il tempo sui social. Basta accendere il pc o prendere il telefono ed eccoci online, pronti a esplorare il mondo a portata di clic. Ma, se ci pensi bene, questa facilità d’accesso – che spesso diamo per scontata – non è proprio gratuita.
Negli ultimi anni si è parlato tanto di una tassa sul digitale. Sì, perché il web è ormai un universo economico gigantesco. Tra piattaforme di streaming, shopping online e social media, il giro d’affari è enorme. E con la crescita di questo mercato, anche i governi hanno iniziato a pensare a come regolamentarlo, magari con nuove forme di tassazione. In teoria, l’idea è quella di far pagare a tutti un contributo per l’utilizzo dei servizi digitali, così che anche internet contribuisca alle entrate pubbliche.
Ma non è così semplice come sembra. Le grandi aziende tech con i loro ricavi milionari sono, ovviamente, un bersaglio facile per queste tasse. Ma pensa anche a tutte le piccole imprese, startup o liberi professionisti che usano internet per lavorare e crescere. Una tassa uguale per tutti potrebbe metterli in difficoltà, creando più problemi che soluzioni.
Non per niente, ogni volta che si parla di nuove tasse digitali, saltano fuori mille discussioni. Da una parte, sembra giusto che le grandi aziende, con profitti altissimi, diano il loro contributo. Dall’altra, però, c’è il timore che anche le realtà più piccole, che usano il web per sopravvivere e svilupparsi, finiscano per pagare lo stesso prezzo, cosa che rischia di frenare la loro crescita.
Cosa troverai in questo articolo:
Cos’è e come funziona la tassazione digitale
La cosiddetta “web tax” è stata creata inizialmente per far pagare una tassa alle multinazionali del digitale che operano su scala globale. In Italia, questa tassa è conosciuta come Digital Service Tax e prevede un prelievo sui ricavi ottenuti dalle grandi aziende grazie ai servizi digitali offerti nel nostro Paese. L’obiettivo è garantire che anche queste aziende, spesso con sede all’estero, contribuiscano alle entrate fiscali italiane.
Ma c’è un limite: solo le imprese che raggiungono un certo fatturato sono soggette a questa tassa. Questo limite permette di escludere le piccole imprese e le startup, che non operano su larga scala e rischierebbero di essere svantaggiate da una tassa sui ricavi. Tuttavia, sembra che questo limite sia in discussione, e le cose potrebbero cambiare presto, con impatti importanti.
La nuova proposta: una web tax estesa a tutti
Con l’ultima bozza della Legge di Bilancio, si parla infatti di estendere la web tax a tutte le imprese che offrono servizi digitali, senza più il limite di fatturato. A partire da gennaio 2026, quindi, anche le piccole attività e le startup che vendono servizi online in Italia dovranno pagare una tassa del 3% sui ricavi generati nel nostro Paese. Un cambio radicale rispetto al passato.
Questa modifica rischia di mettere in seria difficoltà le imprese di piccole dimensioni e le startup, che spesso lavorano con margini stretti o sono addirittura in perdita nei primi anni. Una tassa sui ricavi, senza tener conto degli utili, potrebbe infatti pesare parecchio, costringendo alcuni a rivedere la propria strategia o, nel peggiore dei casi, a ridurre la propria presenza online.