Il 17 maggio 2023, in occasione della Giornata mondiale contro l’omofobia, la transfobia e la bifobia, la presidenza belga dell’UE ha presentato una dichiarazione a sostegno delle politiche europee per i diritti delle comunità LGBTIQ+. Tuttavia, nove dei 27 stati membri, tra cui l’Italia, non hanno firmato il documento.
Oltre all’Italia, gli altri paesi che non hanno aderito alla dichiarazione sono: Ungheria, Romania, Bulgaria, Croazia, Lituania, Lettonia, Repubblica Ceca e Slovacchia. Questi paesi condividono spesso una visione conservatrice sulle questioni legate ai diritti LGBTIQ+, influenzata da fattori culturali, religiosi e politici.
La dichiarazione presentata dalla presidenza belga impegnava i paesi firmatari ad attuare strategie nazionali a favore delle persone LGBTIQ+ e a sostenere la nomina di un nuovo commissario per l’uguaglianza nella prossima Commissione Europea. Inoltre, sollecitava la Commissione Europea a sviluppare e implementare una nuova strategia per migliorare i diritti delle persone LGBTIQ+ durante la prossima legislatura.
Secondo il Ministero della Famiglia italiano, la decisione di non firmare la dichiarazione è stata presa perché il testo era considerato “sbilanciato sull’identità di genere”, ricalcando i contenuti della proposta di legge italiana nota come “legge Zan”. Il governo italiano ha ritenuto che la dichiarazione non fosse equilibrata, preferendo aderire solo a documenti che affrontano la non discriminazione in base all’orientamento sessuale senza entrare nel dibattito sull’identità di genere.
La presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha ribadito l’impegno del governo contro le discriminazioni legate all’orientamento sessuale, e ha dichiarato che l’Italia continuerà a combattere contro l’omofobia, la transfobia e la bifobia. La ministra per la Famiglia, Eugenia Roccella, ha criticato la sinistra per aver utilizzato la lotta contro l’omofobia come pretesto per promuovere l’agenda “gender”, sottolineando che il governo non firmerà documenti che possano minare l’identità maschile e femminile.
La decisione del governo italiano ha suscitato reazioni contrastanti. La segretaria del Partito Democratico, Elly Schlein, ha espresso “rabbia e vergogna” per la mancata firma, accusando il governo di fare campagna politica sulla pelle delle persone discriminate. Al contrario, i rappresentanti del governo hanno difeso la loro scelta, affermando che la priorità è la lotta contro ogni forma di discriminazione senza promuovere ideologie specifiche.