Quando la pandemia ha raggiunto il suo picco nel 2021, i governi nazionali hanno avviato una corsa per l’acquisto dei vaccini anti Covid-19 sviluppati da diverse aziende farmaceutiche. Il timore di rimanere a corto di dosi ha probabilmente prevalso sul rischio di un acquisto sovrabbondante. Di conseguenza, a quattro anni dallo scoppio della pandemia, un numero significativo di dosi è rimasto inutilizzato.
Un’analisi svolta da Politico ha rivelato che almeno 215 milioni di dosi di vaccini anti Covid-19 acquistati dagli Stati dell’UE sarebbero andati sprecati. Il costo complessivo dei vaccini in eccesso ammonterebbe a 4 miliardi di euro e si tratta probabilmente di una sottostima, dal momento che gli Stati stanno continuando a ricevere altre dosi, come da accordi firmati.
A partire dal momento in cui i vaccini anti Covid-19 sono stati approvati nel 2020, si stima che gli Stati europei abbiano ricevuto 1.5 miliardi di dosi. Ciò equivale a più di tre dosi per ogni cittadino dell’UE, molte delle quali sono rimaste inutilizzate e smaltite dopo la scadenza. Si stima che in tutta l’UE siano stati scartati più di 312 milioni di dosi di vaccino. Se si considera il numero di dosi gettate via per persona, al primo posto figura l’Estonia con 1.1 dosi pro capite, seguita dalla Slovenia e dall’Italia.
L’inutilizzo delle dosi di vaccino è dovuto, oltre che al superamento della data di scadenza, anche alla comparsa sul mercato di nuove versioni efficaci contro le nuove varianti del Covid-19. Data l’elevata mutabilità del virus, le vecchie versioni di vaccino sono diventate obsolete, circostanza che non poteva essere prevista quando l’emergenza Covid scoppiò alla fine del 2019.
Va ricordato che la maggior parte dei vaccini sono stati acquistati quando la pandemia ha raggiunto il suo picco nel 2021. In quel momento, la principale preoccupazione dei governi di UE, Regno Unito e USA era accaparrarsi un numero sufficiente delle limitate dosi disponibili. È stato in questo momento che sono stati firmati i contratti con Pfizer e BioNTech per l’acquisto di 1.1 miliardi di dosi.
Tuttavia, le condizioni dei contratti si sono poi rivelate problematiche, sia in termini di numero di dosi acquistate che di durata della fornitura. Quando la diffusione del virus aveva ormai cominciato a placarsi, gli Stati si sono trovati legati ai vincoli contrattuali che imponevano l’acquisto di nuove dosi. D’altra parte, il tentativo di donare le dosi in eccesso ad altri Stati in condizione di necessità si era rivelato difficile per ragioni logistiche.
La rapida avanzata del Covid-19 ha richiesto ai governi di prendere decisioni rapide per assicurarsi le dosi necessarie alla campagna vaccinale che ha permesso di tenere sotto controllo il virus e limitare le conseguenze anche economiche della pandemia. Ma è possibile che ci siano stati degli errori di valutazione, a cui gli Stati dell’UE stanno ora cercando di porre rimedio.
Alcuni mesi fa, la Commissione Europea ha finalmente raggiunto un accordo con Pfizer per rivedere i termini del contratto. Il nuovo accordo prevedrebbe una riduzione di 450 milioni di dosi rispetto a quelle previste inizialmente, i cui tempi di consegna saranno inoltre distribuiti nel corso dei prossimi quattro anni.
Ma qual era il numero totale di dosi acquistate dagli Stati dell’UE alla firma dell’accordo iniziale? E quante di queste dosi verranno consegnate nei prossimi anni? Nonostante i tentativi dei giornalisti di accedere ai documenti del contratto, la Commissione Europea ha rifiutato di diffondere ulteriori dati. L’accordo sembra essere caratterizzato da un’assenza di trasparenza, al punto che Ursula von der Leyen avrebbe declinato un invito a comparire di fronte ai membri del Parlamento europeo per rispondere alle loro domande.
Secondo i dati riportati da Politico, l’accordo iniziale con Pfizer/BioNTech ha obbligato gli Stati europei all’acquisto di 650 milioni di dosi nel 2022 e altre 450 milioni nel 2023. Tuttavia, a causa della breve durata di conservazione, un numero considerevole di dosi complessive risulterebbe non utilizzato.
La notizia delle dosi di vaccino andate sprecate solleva interrogativi sulle modalità con cui la Commissione Europea ha gestito l’approvvigionamento. Per quale motivo la CE, con il sostegno dei governi nazionali, ha proceduto all’acquisto di un così elevato numero di dosi con così largo anticipo e senza inserire alcuna clausola di recesso? Questa domanda sembra appropriata, specialmente considerando che già al momento della firma del contratto con Pfizer nell’aprile 2021 era evidente che le ondate di Coronavirus fossero soggette a notevole variabilità.
Mentre alcuni Stati hanno optato per rispettare i vincoli contrattuali, trarrendo beneficio dalla recente rinegoziazione con Pfizer, alcune nazioni dell’Europa centrale e dell’est stanno adottando una prospettiva differente. Una coalizione che include la Polonia e l’Ungheria ha infatti esercitato pressioni per rinegoziare i contratti, motivate anche dalle difficoltà finanziarie causate dall’invasione russa dell’Ucraina e dall’afflusso di rifugiati.
Sia la Polonia che l’Ungheria hanno interrotto l’accettazione di vaccini e sono state citate in giudizio da Pfizer per mancato pagamento. La situazione è altrettanto tesa in Romania, dove i pubblici ministeri si stanno scagliando contro l’ex primo ministro e i due ex ministri della salute, sostenendo che gli acquisti di quantità eccessive di vaccini hanno causato danni allo stato per oltre 1 miliardo di euro.
Gli Stati europei avrebbero potuto gestire in modo più efficace le trattative con le case produttrici di vaccini? C’è ancora spazio per una rinegoziazione con Pfizer? L’unica certezza è che un considerevole numero di dosi di vaccino acquistate è rimasto inutilizzato, rappresentando effettivamente uno spreco.