Spagna, Sanchez e le dimissioni che dividono il Paese

Lo scorso 29 maggio in Spagna, con un gesto quasi del tutto inaspettato, Pedro Sanchez, presidente del governo spagnolo ha rassegnato le proprie dimissioni. Sanchez ha così chiamato anticipatamente il popolo alle urne. Infatti, le elezioni si sono tenute domenica 23 luglio. Ma partiamo dal principio. Chi è Pedro Sanchez? Come mai ha rassegnato così improvvisamente le dimissioni? E perché per tutti queste elezioni non rappresentano altro che un referendum sull’ex presidente? Scopriamolo assieme.

Spagna, chi è Pedro Sanchez?

Definito “El Guapo” (il bello) da quando, nel 2000,  ha iniziato a scalare i ranghi del partito socialista, Pedro Sanchez nasce a Madrid il 29 febbraio 1972. Completa le scuole superiori presso l’Instituto Ramiro de Maetzu per poi laurearsi in Economia presso l’Università Complutense di Madrid. Nel 1998 si laurea una seconda volta in Economia e Politica presso l’Università di Bruxelles per poi ottenere un dottorato nel 2012. Prima di abbracciare il pensiero politico, Pedro Sanchez è stato assistente parlamentare presso il Parlamento Europeo, capo dello staff dell’Alto Rappresentante delle Nazioni Unite nonché professore universitario di Economia.

La carriera politica

La carriera politica di Sanchez incomincia nel 1993 con l’iscrizione al Partito Socialista spagnolo ma resta in ombra fino al 2003 anno in cui, grazie alle dimissioni dei due candidati che lo precedevano, entra a far parte della lista socialista di Trinidad Jimenez alle elezioni comunali di Madrid. Posizione che riesce a mantenere fino al 2009 quando subentra a Pedro Solbes, ministro dell’Economia e delle Finanze del governo Zapatero. Mantiene questa posizione fino al 2011, anno della vittoria schiacciante dei popolari di Mariano Raioy. Dopo questa sconfitta, la corsa di Sanchez si arresta fino al 2016. Da qui, l’escalation. Prima diventa Segretario Generale dei progressisti dichiarando ai suoi rivali di essersi ispirato non solo alle azioni di Felipe Gonzales ma anche a quelle di Matteo Renzi. Dopo non poche vicende burrascose che, nel mentre hanno portato i conservatori al governo, nel 2018 grazie ad una mozione di sfiducia nei confronti di Mariano Rajoy, leader conservatore, Pedro Sanchez diviene Primo Ministro.

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Spagna, perchè Sanchez si è dimesso?

La nascita del partito di Sanchez è stata quasi oscurata dall’arrivo del Covid e dal lockdown nazionale imposto una settimana dopo quello italiano. Questo ha portato alla formazione di movimenti di destra neo franchista che, sfidando di fronte alla Corte il partito di Sanchez, hanno anche attenuto una vittoria schiacciante. Vittoria fine a se stessa però visto che  Sanchez dalla sua, ha avuto non solo l’appoggio di Conte ma anche quello di Macron e Mitsokatis, tutti leader che hanno risposto in modo drastico alla diffusione del Covid

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Messa da parte l’emergenza Covid, Sanchez ha dato alla sua politica una impronta di sinistra infatti alla fine del 2021 ha operato anche una manovra di potenziamento degli extra profitti delle società energetiche avviando un taglio delle bollette. Infatti, in Spagna l’Iva sulle bollette nel 2022 è scesa dal 10% al 5%. Ha modificato le imposte e adesso sono 15 gli scaglioni di reddit. Ha ridotto la possibilità di assunzione a tempo determinato a favore di contratti a tempo indeterminato. Ma quindi perchè ha dato le dimissioni? Semplicemente perchè queste riforme se da una parte hanno compattato la sinistra, dall’altro hanno diviso i partiti rivali portando ad un’ondata di sconfitte locali. Da qui le dimissioni.

Votazioni o Referendum?

Per molti queste votazioni altro non sono che una sorta di referendum sul gradimento di Sanchez in Spagna. Una sorta di scelta pro o contro il cambiamento. Ed il popolo sembra diviso in due. Perché se da una parte c’è chi si aspettava una vittoria schiacciante di Alberto Nunez Feijo, dall’altra invece c’è chi sapeva che Pedro Sanchez avrebbe dato del filo da torcere a tutti. Ed infatti Sanchez, con il giusto tetris tra i partiti, potrebbe addirittura rimanere al potere. “El guapo” quindi, più volte dato sull’orlo del baratro, sembrerebbe invece un vincente pronto ad urlare al mondo ed al suo popolo “ E sono ancora qua…!”. Senza promesse vane, senza populismi qualunquisti non ha ancora vinto le elezioni ma non le ha neanche perse. Ha solo messo su un capolavoro politco al di là di qualsiasi credo