Nelle ultime ore di oggi, si è fatta strada la decisione da parte della Corte penale internazionale di emettere un mandato d’arresto per Vladimir Putin e Maria Lvova-Belova. Si analizzano i motivi.
La Corte penale internazionale (Cpi) ha emanato un mandato d’arresto per il presidente russo Vladimir Putin e Maria Lvova-Belova, commissaria dell’Ufficio russo per i Diritti dei bambini. Come la Cpi, Putin e la commissaria potrebbero essere responsabili di crimini di guerra come:
“Deportazione illecita della popolazione e trasferimento illecito di popolazione dalle aree occupate dell’Ucraina alla Federazione russa a danno di bambini ucraini”.
Tali crimini sarebbero stati commessi a partire dal 24 Febbraio 2022. La decisione presa, come fa presente la Corte è “una decisione storica, da cui partirà una responsabilità storica”.
Anche il procuratore generale dell’Ucraina, Adrij Kostin ha mostrato la sua gratitudine nei confronti del procuratore della Cpi Karim Khan commentando il Twitter della Corte penale internazionale.
Inoltre, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, nel suo discorso su Telegram dichiara:
Sarebbe impossibile portare a termine un’operazione così criminale senza l’ordine del massimo leader dello Stato terrorista”, aggiungendo che deportare bambini in Russia è una “malvagia politica” statale russa “che inizia proprio con il primo funzionario di questo Stato”.
La giurisdizione della Cpi si fonda sullo Statuto di Roma, un trattato di tipo internazionale e ratificato da 123 stati, ciò implica che in ognuno di questi stati qualora Putin si trovasse, si avrebbe l’obbligo legale di eseguire il mandato. Ma nei paesi dove Putin si dovrebbe recare a stretto giro non fanno parte del novero dei ratificanti, come Pechino, la Siria e la Bielorussia, paesi politicamente vicini a Mosca.
Nonostante Vladimir Putin non riconosca l’autorità della Cpi come afferma Peskov, il mandato rappresenta la volontà di attribuire le responsabilità circa l’invasione dell’ucraina e anche l’aspetto ostile di Putin.