New York Times: smart working ostacola il rientro in ufficio
Succede a New York: 1316 giornalisti della nota redazione del New York Times hanno espresso il loro rifiuto in merito al ritorno in presenza in redazione. Le ragioni sono da riscontrare in un aumento dell’inflazione ai danni di un salario rimasto praticamente invariato.
Con una pandemia che ormai sembra quasi lasciata alle spalle, la direzione del Times ha chiesto il ritorno in presenza in ufficio ai suoi giornalisti almeno tre giorni alla settimana. NO, la risposta secca di più di 1300 giornalisti (su un totale di 5000) i quali hanno firmato un impegno a rimanere a casa. Nel frattempo il sindacato News Guild sta cercando di negoziare con la direzione per l’ottenimento di condizioni economiche più vantaggiose per i propri dipendenti.
Cosa troverai in questo articolo:
New York Times: i motivi della redazione e le ragioni dei giornalisti
Il problema del rientro in ufficio nel post pandemia sta affliggendo molti datori di lavoro che sostengono fermamente l’importanza del contatto diretto fra colleghi e con i clienti e cercano di giustificare le spese di affitti e utenze cercando di avere il più possibile gli uffici occupati.
La testata ha “offerto” un piano di rientro in ufficio per tre giorni alla settimana con il pranzo gratuito, proposta che ha ulteriormente indispettito alcuni dipendenti che sui social hanno evidenziato come questo contentino non ripaghi le spese che dovrebbero affrontare per il rientro in ufficio.
Dall’altro, i giornalisti spingono con il sostegno del loro sindacato per un aumento del salario dell’8% (la direzione ha proposto invece un aumento del 4%) per far fronte all’incombente inflazione: recarsi in ufficio quotidianamente comporta spese aggiuntive per carburante, mezzi pubblici, cibo, ecc.
Smart working e flessibilità
Altro aspetto su cui battono i giornalisti è la flessibilità: lo smart working evita perdite di tempo e soldi; un ambiente di lavoro ibrido in questo momento è la soluzione ideale per il New York Times secondo un portavoce dei 1300 giornalisti.
La pandemia ha rivoluzionato l’approccio al lavoro, lo smart working se prima incuteva timore e perplessità sulle modalità di attuazione, ora costituisce una soluzione adattabile, valida e non più soltanto alternativa al lavoro in presenza. Le regole sono state stravolte e l’unica possibilità è ripensarle, sostengono i giornalisti del NYT.
Analisi e sondaggi hanno dimostrato che nella maggioranza dei casi lo smart working genera maggiore produttività per l’azienda: il lavoratore ha possibilità di gestire più attività contemporaneamente, inoltre i tempi di attese e viaggi sono ridotti a zero. Di fondamentale importanza però è l’introduzione di tecnologie pensate appositamente per l’implementazione dello smart working, occorrono software capaci di dialogare facilmente tra loro e strutture informatiche adeguate che non causino rallentamenti durante il processo lavorativo.
Le misure del Governo in Italia
Il Lavoro Agile resterà nel 90% delle grandi aziende e nel 62% delle PA. Confermata la proroga fino al 31 dicembre 2022, con l’articolo 25 bis introdotto dal Senato è valida la possibilità di ricorrere al lavoro agile anche in assenza di accordi individuali. L’intervento, del tutto inatteso, è stato inserito del dl Aiuti bis insieme a quello per i lavoratori fragili e i genitori di figli under 14.
Da inizio settembre la situazione sarebbe dovuta tornare quella dei tempi antecedenti alla pandemia, molte aziende si sono affrettate per sottoscrivere accordi individuali pressando gli uffici del personale. Con questa ulteriore proroga però sarà possibile lavorare in remoto senza siglare particolari accordi. Da misura emergenziale a strumento di modernizzazione: la pandemia ha accelerato la transizione verso forme di lavoro più flessibili e intelligenti, arrivando a cambiare prospettive e aspettative di imprese e lavoratori.
Ad oggi è necessario costruire il futuro del lavoro investendo sullo smart working proponendo ai lavoratori condizioni di maggiore autonomia e responsabilizzazione sui risultati e ripensando i processi manageriali all’insegna di flessibilità e produttività.
A cura di Filippo Coiro