È da poco finito l’Eurovision, festival musicale che quest’anno si è tenuto in Italia, precisamente a Torino. E, all’ombra della Mole, è stato il gruppo musicale ucraino Kalush a sollevare la coppa grazie al brano “Stefania”, il più votato. Ma la vittoria del gruppo musicale ucraino ha portato con sè un nutrito numero di polemiche. Gli haters del web hanno subito gridato al “complotto” vedendoci, ovviamente, qualcosa di poco chiaro. Come se la vittoria di un contest musicale potesse influenzare, in un modo o in un altro, la guerra in corso. (ah, non può?) Però, in un certo qual senso, la domanda sorge spontanea: la guerra in corso ha potuto, sotto certi aspetti, influenzare il voto? La politica ha avuto impatto su questo evento musicale? E se quest’ultima domanda è vera, quanto in passato la musica ha influenzato la politica?
L’Eurovision non è mai stato così di impatto come quello di quest’anno. Motivo? La guerra in corso tra Russia ed Ucraina, quest’ultima vincitrice del contest. Equilibri politici, paesi a confronto ma anche show eccentrici e a tratti trash e brani dai significati unici. L’Eurovision è sempre stato questo però: un evento politico camuffato da festival musicale. Basti pensare che, quest’anno, la Russia è stata espulsa dal contest 24 ore dopo aver invaso l’Ucraina. Ma non è il primo episodio ad impatto politico avvenuto negli anni durante l’Eurovision.
Se andiamo un pochino indietro nel tempo, precisamente nel 2014, ricorderemo le due gemelline russe che parteciparono al festival. Queste ultime furono contestate per l’annessione della Crimea, avvenuta qualche mese prima. Sempre quell’anno, per fare un dispetto a Putin, l’ex pugile Klitschko chiese al pubblico di votare la rappresentante ucraina. All’epoca però vinse Choncita Wurst, la rappresentante austriaca verso la quale a sua volta Putin aveva lanciato una campagna omofoba perché drag queen. Nel 2017 il contest si ebbe a Kiev e la Russia non partecipò. Motivo? La Russia aveva scelto come cantante Yulia Samoilova che si era esibita in Crimea. Nel 2020 ad essere esclusa è stata la Bielorussia, colpevole di aver due brani a favore del regime di Lukashenko. Ma non doveva essere un festival musicale? Qui c’è molta più politica che musica!
La musica è sempre stato uno degli strumenti più utilizzati per smobilizzare le coscienze delle masse, siano esse coscienze politiche o sociali. Così come la politica, anche la musica è espressione della società e dei valori che essa riflette. Ma la società è soggetta a continue evoluzioni che mirano ad elaborare nuovi ideali ed ecco che arrivano canzoni nuove che influenzano, in un modo o in un altro, la quotidianità di chi le ascolta.
La musica e la politica hanno un rapporto quasi circolare. Cosa vuol dire? Beh, facile! Seguite il ragionamento. La musica influenza le emozioni delle persone. E fin qui nulla quaestio. Queste emozioni influenzano, a loro volta, il comportamento politico delle persone che quindi fanno una scelta piuttosto che un’altra. Ne fuoriesce che la musica influenza la politica. È tutta una questione di elaborazione razionale delle idee. Per percepire un qualcosa di non tangibile lo si elabora in modo razionale attraverso quello che viene definito “cervello emozionale”. Se la musica viene utilizzata per fare propaganda politica, questa ha il potere di indirizzare le masse verso un voto piuttosto che verso un altro.
Ritornando quindi all’Eurovision, la vittoria dell’Ucraina non è né il primo né l’ultimo esempio di influenza reciproca tra musica e politica. Basti pensare che, se quest’anno avesse partecipato la Russia, a dare forfait sarebbero stati gli stati del nord est dell’Europa. E dire che Zelensky abbia sbagliato a chiedere a tutti di votare per l’Ucraina non è giusto. Se, attraverso la musica, si può dare un segnale forte e di impatto, perché non farlo? Quindi dire che la politica debba stare fuori dalla musica suona quasi come una battuta fuori luogo e a tratti anacronistica. Anche perché siamo cresciuti con Francesco De Gregori che cantava:
Generale, la guerra è finita
Il nemico è scappato, è vinto, battuto
Dietro la collina non c’è più nessuno
Solo aghi di pino e silenzio e funghi
Buoni da mangiare, buoni da seccare
Da farci il sugo quando viene Natale
Quando i bambini piangono
E a dormire non ci vogliono andare.
Passando per John Lennon con Imagine fino ad arrivare ai i Cranberries con Zombie o alla più celebre “Bella ciao”.
Da che mondo è mondo, musica e politica si interfacciano tra di loro influenzandosi reciprocamente. E non è detto che questo sia un male.