La Russia sembra ormai essere fuori dal mondo. Sono tante, troppe, le multinazionali che stanno facendo i bagagli per scappare dal controllo del Cremlino. L’elenco cresce di giorno in giorno per il timore che l’andamento delle azioni, sempre più variabile, possa portare a danni irreparabili. La guerra contro l’Ucraina è stata considerata un atto talmente destabilizzante che continuare ad operare sul mercato russo potrebbe essere troppo dannoso per gli azionisti.

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E quindi si è dato il via a chiusure di joint venture, all’abbandono dei nuovi progetti ed al rimpatrio dei dipendenti. Le prime società ad aver abbandonato Mosca sono state la British Petroleum ed il colosso petrolifero Shell mentre tra le ultime si annoverano nomi tra cui Lego, Toyota, Ikea e Volkswagen. Sabato 5 marzo è stato il momento di Visa e di Mastercard le quali hanno annunciato la sospensione delle loro operazioni sui mercati russi. Ultimissima in ordine di tempo è Sephora, colosso della cosmesi che ha comunicato tramite i social la chiusura dei beauty store locali e dell’e-commerce nelle prossime 24 ore.

Russia, quali sono le aziende che hanno bloccato le produzioni

Ikea

La multinazionale svedese ha deciso di sospendere momentaneamente le operazioni in Russia. Ha difatti chiuso i suoi 17 negozi e sospeso gli approvvigionamenti in Bielorussia dove però non ha negozi. Ha però deciso di non chiudere i centri commerciali a Mosca che operano sotto il marchio Mega.

Con una dichiarazione congiunta tra Ingka Group ed Inter Ikea ha dichiarato che:

La guerra ha un enorme impatto umano e provoca gravi interruzioni della catena di approvvigionamento e delle condizioni commerciali. Per questo motivo i gruppi aziendali hanno deciso di sospendere temporaneamente le operazioni Ikea in Russia.

Questo annuncio ha provocato la cosiddetta “corsa agli acquisti” da parte dei cittadini russi.

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Stop anche per auto e moto

Il 3 marzo Volkswagen, che possiede Porsche ed Audi, ha annunciato che non saranno più prodotti veicoli in Russia e che anche le esportazioni saranno stoppate. Stessa presa di posizione da parte di Toyota, Mercedes-Benz, Honda e Mazda. Anche la Volvo, marchio svedese per eccellenza, ha deciso di sospendere le spedizioni di auto sul mercato russo. La nota casa di moto Harley-Davidson ha sospeso i rapporti commerciali con la Russia nonostante il Cremlino rappresenti circa il 20% delle sue vendite.

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Anche la Lego, che ha 81 negozi in Russia, ha sospeso tutte le spedizioni “alla luce delle sanzioni e dell’imprevedibile ambiente operativo”. Non si potrà più accedere a Netflix che in Russia conta quasi un milione di abbonati.

Ma qual è il bene che ha dato il via a questo abbandono di massa del mercato russo? Ovviamente, il petrolio.

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Russia, dalla British Petroleum ad Eni : una escalation di cessioni

La British Petroleum è il più grande investore straniero in Russia. Domenica ha deciso di cedere la sua partecipazione del 20% in Rosneft, la compagnia petrolifera di stato russa. Questa è una mossa che potrebbe comportare una svalutazione di 25 miliardi di dollari. La decisione è stato seguita a ruota da Shell ed Equinor. Shell ha annunciato la fine della partnership con Gazprom, colosso russo controllato dallo stato, ed il suo coinvolgimento nel progetto del Nord Stream 2, bloccato dalla Germania la scorsa settimana. Equinor, la più grande società norvegese dell’energia controllata dallo stato, ha iniziato la ritirata delle sue joint venture in Russia del valore di circa 1,2 miliardi di dollari mentre Eni ha deciso di staccarsi dalla Russia, avendo una partecipazione con Gazprom, cedendo la propria quota.

“Addio” anche dai marchi più popolari

Ma l’abbandono del mercato russo non riguarda solo le multinazionali petrolifere o le grandi aziende di beni di prima necessità. Molti marchi popolari di beni di consumo hanno deciso di abbandonare il suolo russo perché non si sentono più sicuri di operare lì. Dalla Apple all’HP. Da Microsoft a Nike. Adidas, sponsor della Nazionale russa, ha sospeso la sua partnership con la Federcalcio russa. H&M e Zara hanno chiuso temporaneamente i loro store così come Hermès, gruppo del lusso francese.

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Non tutte le società però hanno optato per la sospensione dei rapporti con il Cremlino. L’atteggiamento della società McKinsey & Co., ad esempio, è più prudenziale. Hanno dichiarato che non faranno più affari con nessun ente governativo russo ma, al momento, non hanno intenzione di ritirarsi. Due delle Big Four, PWC e KPMG, hanno fatto sapere che potrebbero interrompere i rapporti con le aziende russe. Dunque la Russia sembra sempre più esclusa dal resto del mondo; cosa comporterà tutto ciò?