Dopo l’ok della Camera, giunto con 355 voti a favore e 45 contrari, la nuova manovra 2022 è divenuta legge. Composta da un unico articolo con ben 1013 commi, il maxiemendamento ha introdotto non poche novità. Con i fondi stanziati (23,3 miliardi nel 2022, 29,6 nel 2023 e 25,6 nel 2024) sono tanti gli aspetti toccati soprattutto in ambito fiscale. Dall’IRPEF che includerà solamente 4 aliquote (23%, 25%, 35% e 43%) al taglio dell’IRAP per imprenditori individuali e professionisti. Dalla Sugar Tax ossia l’imposta sulle bevande zuccherate che mira a ridurne il consumo alla Plastic Tax. Ma cosa è la Plastic Tax?
La plastic tax, l’imposta sull’utilizzo della plastica, è una imposizione fiscale che mira al pagamento di 45 centesimi di euro per ogni chilo di imballaggio di plastica. È dunque una tassa che vuole spingere ad un utilizzo sempre meno marcato del materiale plastico utilizzato per contenere e proteggere la merce. Non pensiamo però che si riferisca solamente ai grossi imballaggi utilizzati, ad esempio, durante un trasloco. La plastic tax riguarderà anche le vaschette per contenere cibo, i contenitori Tetrapak e le bottiglie di plastica. Se da una parte si vuole disincentivare l’utilizzo della plastica, dall’altro si vuole incrementare l’utilizzo dei materiali da imballaggio usa e getta, i cosiddetti MACSI.
Secondo una nota della Gazzetta Ufficiale, la sopracitata imposta sarebbe dovuta entrare in vigore nell’estate del 2020. Tale data è prima slittata al 1° gennaio 2022, causa pandemia, per poi essere rinviata direttamente al 2023. È un rinvio che avviene nonostante, in sede di G20 e di COP 26, l’Italia abbia fatto dichiarazioni importanti. Ha infatti esposto la sua volontà di imporre un tetto fiscale per guidare la decarbonizzazione e ridurre l’inquinamento marino ed ambientale.
L’obiettivo principale che ha spinto il legislatore ad introdurre tale imposta è la strategia delle 3 R ossia ridurre, riciclare e riutilizzare. Ma, come qualsiasi altra imposizione fiscale, anche questa ha impatti positivi in alcuni settori e negativi in altri. Ovviamente il settore industriale, specie quello che fa capo al food industry, non vede di buon occhio tale tassa in quanto non porterebbe ai risultati sperati.
Ma cerchiamo di capire il punto di vista dei pro plastic tax e dei no plastic tax. In questo modo alla fine anche noi, avremo un punto di vista sulla questione.
Dal punto di vista economico, tale misura peserebbe parecchio sui conti delle imprese del settore. Con una tassa sulla plastica, i costi di approvvigionamento della materia prima, seppur riciclabile al 100%, raddoppierebbero. Il 70% del packaging delle bevande analcoliche in Italia è di plastica. Tale imposta rischia di colpire non soltanto il comparto delle acque minerali ma anche la filiera a monte e a valle delle attività. In questo modo si potrebbero mettere in pericolo svariati posti di lavoro. È quello che afferma Stefano Marini, Amministratore Delegato del Gruppo Sanpellegrino. Su tale punto concorda anche Stefano Portaccio, al vertice della Federazione Italiana distributori Horeca.
Un intervento normativo in favore dell’economia circolare dovrebbe avere la capacità di promuovere tutte e tre le stampelle su cui si fonda la sostenibilità: quella ambientale, quella sociale e quella economica. Così com’è, invece, la plastic tax si traduce soltanto in una imposta dal carattere più repressivo che costruttivo.
Secondo il settore industriale, la strada da percorrere è un’altra e mira all’adozione di strategie più green come il riciclo. In Italia, l’83% degli imballaggi di plastica utilizzati e buttati, sono recuperati da consorzi autonomi o dal sistema Conai per il riutilizzo. Inoltre, il 62% delle bottiglie che ad oggi troviamo sul mercato è riciclato. Pensiamo alle bottiglie della Coca Cola, fatte con 100% di plastica riciclata (rPET). Ma anche Fanta e Sprite. Avete notato che la bottiglia che contiene la Fanta non è più arancione e quella che contiene la Sprite non è più verde? Questo perché? Banalmente perché una bottiglia trasparente è più riciclabile di una colorata.
Da una parte abbiamo il settore industriale che non vede di buon occhio la plastic tax. Dall’altra ci sono le varie associazioni ambientali che incolpano questo materiale di essere il principale responsabile dell’inquinamento dei mari. La maggior parte della plastica utilizzata nel settore del food industry viene smaltita in mare. Ciò causa danni enormi agli ecosistemi marini e danneggia la salute delle specie che vivono a contatto con essi.
Secondo gli esperti di The Pew Charitable Trusts, una no profit degli Stati Uniti, se non si prenderanno seri provvedimenti entro il 2040 finiranno nell’ambiente circa 1,3 miliardi di tonnellate di plastica. Tutti abbiamo davanti agli occhi l’immagine della tartaruga morta perché aveva ingerito plastica buttata nel mare. E l’Italia ha un ruolo primario visto che è considerata il secondo Paese europeo consumatore di tale materiale. Infatti, nel 2018 sono stati prodotti circa 2,3 milioni di tonnellate di imballaggi di plastica nel nostro Paese.
Un piccolo passo in avanti però si avrà dal 14 gennaio. Da questa data entrerà in vigore la legge che vieta l’utilizzo della plastica monouso oltre che dei prodotti non biodegradabili e non compostibili. Dunque, non si saranno più piatti e posate di plastica, cotton fioc e palloncini per far festa. Si darà il via alla Single Use Plastic e non mancheranno multe salate. La sanzione amministrativa andrà da Euro 2.500 ad Euro 25.000.
Piccoli passi in avanti che mirano a salvaguardare la Terra, più e più volte messa a dura prova dall’egoismo di chi la abita. Prima che sia troppo tardi (o forse già lo è), riusciranno i nostri eroi a capire che non salvaguardare l’ambiente è una mancanza di rispetto in primis verso se stessi? Che poi non bisogna essere degli eroi per salvaguardare qualcosa che ci interessa da vicino. Qualcosa che ci dà la vita. Più che eroi, bisogna essere egoisti ma alle volte il dio denaro ha la meglio anche sull’egoismo umano. Non è ancora iniziato il 2022 che già sarebbe il caso di dire “Beh, speriamo nel 2023!”.