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L’influenza del marketing: Mr Big muore e la Peloton cala a picco

Allerta spoiler! In questo articolo c’è uno spoiler per chi non ha ancora guardato il sequel di Sex and the City ed ha intenzione di farlo. Ma anche per chi vive sulla luna e non sa ancora cosa succede nella prima puntata di “And Just like That…”. Fatta questa premessa ed avvisato chi doveva essere avvisato, procediamo. Mr Big, il grande amore della vita di Carrie. Colui che la ama ma si sposa con un’altra che però lascia perché vuole tornare da Carrie impegnata con un altro ma che alla fine riesce a riconquistare per vivere finalmente il loro amore insieme. Ecco. Mr Big muore o come sussurra lei alla fine ” E così all’improvviso…Big morì“. Ci sta tutto un “mai una gioia”. E muore a causa di un infarto mentre sta per andare a fare la doccia dopo aver fatto cyclette. La notizia però sulla quale vogliamo puntare la nostra attenzione oggi non è la morte di Mr Big (per carità ci dispiace!) ma è il crollo degli acquisti della cyclette che Mr Big stava utilizzando prima di andare a miglior vita. La Peloton Bike. Ma davvero può il marketing influenzare così tanto le nostre scelte di vita?

Il caso Peloton

Peloton è un’azienda che produce cyclette da casa super lusso tra cui quella che Mr Big sta utilizzando prima di collassare. Dopo questa scena, il caos più totale. Le azioni della società sono crollate in Borsa. -11,3% il giorno dell’uscita della serie e -5% il giorno dopo. L’azienda è dovuta ricorrere ai ripari. Prima interpellando una cardiologa, la dottoressa Suzanne Steinbaum che ha voluto rassicurare i fan di Sex and the City con queste parole:

“Mr. Big ha vissuto quello che molti chiamerebbero uno stile di vita stravagante – includendo cocktail, sigari e grandi bistecche – ed era a serio rischio infarto poiché aveva avuto un precedente evento cardiaco nella sesta stagione della serie. Queste scelte di vita e forse anche la sua storia familiare, che spesso è un fattore significativo, sono state la probabile causa della sua morte. Andare in sella alla sua Peloton Bike potrebbe anche aver contribuito a ritardare il suo evento cardiaco”.”

Suzanne Steinbaum, cardiologa
Credits:https:onepeloton.com

Poi anche creando una storia fittizia prodotta dalla società di marketing dell’attore Ryan Reynolds intitolata “He’s alive”. Chris Noth, un camino acceso, le luci di Natale e l’istruttrice del corso di Peloton che stava seguendo quando è morto nel sequel. “Facciamo un altro giro? La vita è breve” dice lui. Il sipario si chiude con un “Lui è vivo” .. “He’s alive”. Ma basterà tutto questo a far ritornare alte le quotazioni in Borsa?

Marketing, il caso delle sigarette vietate nei film

È da qualche tempo che si parla dell’esempio non positivo dato alle nuove generazioni dalle sigarette fumate nei film. È vero che negli ultimi anni nelle pellicole che volano al botteghino la presenza della sigaretta si è ridotta e non di poco. Ma è anche vero che la stessa è aumentata nei film trasmessi sul piccolo schermo. L’Organizzazione Mondiale della Sanità si è da sempre scagliata contro l’uso della sigaretta nelle pellicole ed afferma che tra tutti i film prodotti ad Hollywood circa il 37%, giudicato adatto ad un adolescente, contiene scene di fumo. Il numero delle cosiddette “tobacco incidets” è aumentato del 72% dal 2010, portando ad un aumento non indifferente del numero degli adolescenti fumatori. Circa il 10% degli adolescenti afferma che ha incominciato a fumare seguendo l’esempio di personaggi del cinema tra cui, a volerne citare una, proprio Carrie di Sex and the City che vive con la sigaretta tra le dita.

Tra le soluzioni proposte per ridurre l’utilizzo del fumo tra gli adolescenti, c’è il divieto di visione ai minori non accompagnati da un adulto per i film dove si fuma. Ma anche il rifiuto di sussidi da parte degli enti locali per pellicole dove la sigaretta è presente. Ma il marketing, è davvero solo questo? E’ davvero solo “la scena negativa da prendere ad esempio”?  Mr Big muore dopo una pedalata sulla cyclette? Bene, non si compra più quella tipologia di cyclette.  Carrie fuma mentre scrive un articolo? Beh se fuma Carrie perché non posso farlo anche io mentre preparo un esame? No, il marketing non è solo questo. Decisamente no.

Marketing esperenziale

Con l’avvento della digitalizzazione, si sta diffondendo sempre più una tipologia di marketing che si basa sull’esperienza diretta del consumatore. Secondo una ricerca dell’EventTrack il 74% delle persone, dopo aver partecipato ad una seduta di marketing esperienziale ha una percezione del marchio più positiva. Facciamo un paio di esempi.

Ghostbuster movie

Nel 2016. Stazione di Waterloo a Londra. I pendolari escono dalla metro e si trovano avanti un enorme Stay Puft Marshmallow accanto al quale è stato creato ad hoc un temporary store di biglietti per il cinema.

Credits:geograph.org

La Clinica della dottoressa Peluche

Qui abbiamo una serie di animazione della Disney che vede come protagonista una bimba che cura i giocattoli nella sua clinica immaginaria. Per promuovere la seconda stagione e soprattutto per vendere oggetti di merchandising, la Disney ha ricreato una clinica in alcuni punti vendita. I bambini per 10 minuti, si sono divertiti ad essere dottori curando i loro peluche. Chi ci dice che qualche bimbo da grande non possa davvero diventare un medico spinto da questa esperienza?

Il marketing quindi altro non è che una medaglia doubleface. Da un lato può influenzare negativamente un soggetto impedendogli di comprare una cyclette perché Mr Big è morto di infarto, dall’altro può fare in modo che un bimbo da grande possa diventare un medico perché quando aveva 3 anni ha curato un peluche nella clinica della dottoressa Peluche. E poi, parliamoci chiaramente. Chi ha visto tutte le serie di Sex and the City sa che Mr Big era un uomo pieno di vizi. Vuoi vedere che l’unico vizio che non aveva, lo ha portato alla ormai celebre frase di Carrie “And just like that…Big dies”?

Credits:Vanityfair.it
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Published by
Maria Francesca Malinconico