Tutti siamo a conoscenza della rivalità tra i due colossi statunitensi McDonald’s e Burger King. Principali protagonisti di una guerra a colpi di annunci pubblicitari mirati a sottrarsi reciprocamente la clientela, che solo ogni tanto si concedono qualche breve tregua. Oggi la Burger war riguarda anche gli hamburger vegani; a fronteggiarsi stavolta sono due giovani aziende: Beyond Meat e Impossible Foods, anch’esse originarie della patria del fast-food.
Dall’inizio di quest’anno la produzione ed il consumo di carne in territorio USA ha subìto un forte impatto a causa della pandemia, con rincari dei prezzi sino al 20% durante l’estate. Questa situazione di crisi ha rappresentato il perfetto trampolino di lancio per le produttrici di sostituti della carne come Beyond Meat e Impossible Foods.
Da circa 10 anni esse sono attive nel mercato di plant-based meat, alimenti in tutto e per tutto vegetali ma dall’aspetto e dal sapore simili a quelli della carne. D’altro canto, sempre più consumatori sembrano essere interessati a questa alternativa. Secondo Gallup, infatti, 4 americani su 10 hanno personalmente provato gli hamburger vegani e la maggior parte di loro ha dichiarato che li mangerebbe ancora.
La ricette alla base di questi hamburger vegani non sono di certo tenute nascoste. Fanno da elementi chiave le proteine estratte dal pisello giallo e la leghemoglobina (proteina ricavata dalle radici di soia); queste, mischiate ad una lunga lista di ingredienti naturali meticolosamente scelti, danno origine al prodotto finale. Il surrogato non basterà a convincere i fanatici della griglia ma di certo saprà soddisfare chi preferisce evitare l’assunzione di grassi di cattiva qualità, senza rinunciare al gusto della carne.
Beyond nasce nel 2009 dall’ambientalista Ethan Brown; ha registrato nel 2020 un fatturato di oltre 97 milioni di dollari (circa il 141% in più rispetto all’anno precedente) e grazie alla sua capacità di ridurre l’impatto sull’ambiente è riuscita a crearsi un seguito di sostenitori e investitori; nomi del calibro di Bill Gates e Leonardo di Caprio.
Impossible viene invece fondata nel 2011 da Patrick O’Reilly Brown, professore di biochimica all’Università di Stanford. Come la sua concorrente, intende limitare la produzione derivante dagli allevamenti fornendo valide soluzioni alternative, come il suo Impossible Burger. Entrambe mirano inoltre ad abbassare il prezzo dei loro prodotti, sino a pareggiarlo a quello della carne entro i prossimi anni.
Per affermare la propria posizione, non sono mancati da ambe le parti accordi di partnership con gli altri Quick Service Reastaurant (QSR) per la grande distribuzione. Infatti, dopo una prima collaborazione in Canada nel 2019, Beyond ha stipulato un accordo col marchio McDonald’s per la produzione del nuovo McPlant.
Anche Impossible, dal canto suo, non si è lasciata sfuggire l’occasione di un accordo con il re dei panini, Burger King, per il suo Impossible Whopper. Delle soluzioni Vegan-friendly da parte di catene conosciute al pubblico per ben altri tipi di menù. Di fatto ciò ha contribuito in modo non indifferente allo sviluppo sul mercato; nel Maggio 2019 Beyond compie il suo debutto nella borsa di Wall Street in lista Nasdaq come prima azienda del settore. Anche Impossible sembrerebbe prossima alla quotazione, con ottimi risultati sul fatturato.
La crescente sensibilità per le tematiche ambientali e la recente ottica verso quella che è definibile una vera e propria rivoluzione alimentare a sfavore del consumo intensivo di carne, lasciano intendere che quello della plant-based meat sia un settore destinato a svilupparsi nel tempo, arrivando a valere circa 11,90 miliardi di euro entro il 2022 secondo le stime dell’Osservatorio VeganOK, avvicinandosi sempre più al mercato della carne, sua concorrente principale, il cui valore si aggira invece intorno agli 1,4 trilioni di dollari. Un enorme vantaggio si avrebbe in campo ambientale. Evitando infatti l’utilizzo di allevamenti intensivi si arriverebbe ad una diminuzione esponenziale delle emissioni di gas serra; i benefici sarebbero tanto per il settore energetico quanto per lo sfruttamento delle terre.