Ad oggi, la Olivetti spa è una società controllata dal Gruppo TIM che opera nel settore dell’informatica. Riveste un ruolo marginale rispetto a ciò che invece era fino agli anni ’60. Una società innovativa che ha lasciato il suo segno nella società industriale italiana e mondiale.
Nasce nel 1908 ad opera di Camillo Olivetti e del figlio Adriano come “prima fabbrica nazionale di macchine da scrivere”. La forma giuridica individuata è quella di una S.a.S, società in accomandita semplice con il nome di “Ing. Olivetti et Compagnia”. Nasce in una piccola officina di 500 metri quadrati ed impiega 20 operai. Il capitale di costituzione è di 350 mila lire.
Dopo poco più di due anni, nel 1911 viene presentata sul mercato la prima macchina da scrivere, la M1, con un costo di 500 mila lire, che sarà la prima di tante opere innovative che negli anni a seguire la società presenterà sul mercato italiano e poi mondiale.
Tra il 1912 ed il 1932, sotto la guida del padre Camillo, la fabbrica di Ivrea conosce il suo primo periodo di espansione. Con 23 macchine da scrivere prodotte a settimana, vengono aperte alcune filiali in Italia e giungono sempre più richieste di commesse importanti. Dopo una battuta d’arresto dovuta all’esplodere della Grande Guerra, la produzione riprende a grande ritmo, raggiungendo alla fine degli anni ’20 una produzione annua di 13.000 esemplari. Non solo: in questi anni, con l’uscita di una nuova macchina da scrivere, la M20, la società inizierà a varcare i confini nazionali per espandersi in tutta Europa e nel Sudamerica.
Il ricambio generazione inizia ad avviarsi tra il 1924-1925 in cui entra a far parte, dapprima come operaio, il figlio di Camillo, Adriano Olivetti che apporterà le proprie idee innovative in termini di organizzazione del lavoro, derivanti anche da un soggiorno negli Stati Uniti. Durante la Grande Crisi, la società italiana non arresta la sua produzione e anzi apre la prima consociata industriale a Barcellona, la S.A Hispano Olivetti lanciando sul mercato una nuova macchina da scrivere la M40.
Nel 1932 insieme all’uscita della prima macchina da scrivere portatile, la MP1, la Olivetti cambia la sua veste giuridica passando da SaS a SpA. Nuova forma giuridica e nuovo Direttore Generale: Adriano Olivetti.
Gli anni antecedenti la Seconda Guerra Mondiale, sono anni di continua espansione e produzione di nuove macchine. Si studiano le prime macchine addizionatrici e telescriventi ed il design dei prodotti viene studiato ed applicato insieme ad architetti e tecnici.
Dopo la morte del fondatore Camillo, nel 1943, e dopo la fine della guerra, viene riorganizzata la rete commerciale e del lavoro. Nascono due nuovi esemplari di macchina da scrivere e calcolatrice da scrive che segnano una svolta importante nel campo della scrittura e del calcolo meccanico, la Lexikon 80 e la Divisumma 14.
L’apice del successo arriva negli anni ’50 quando nasce la macchina da scrivere portatile “Lettera 22”, che guadagna, insieme ad altre macchine Olivetti, un posto permanente nel Museo d’Arte Moderna di New York. In quegli anni nascono nuovi stabilimenti, nuovi negozi come in Argentina e New York, nuove sedi e nuove fabbriche. Nascono le famose fabbriche di Agliè e Pozzuoli, mentre a Pisa viene costituito un gruppo di ricerca (Progetto Olivetti Elea) con a capo l’ingegner Mario Tchou. La creazione di questo gruppo ha l’obiettivo di sviluppare un calcolatore elettronico per applicazioni commerciali. Il personale impiegato in tutto il mondo raggiunge le 16 mila unità.
La seconda metà degli anni ’50 è caratterizzata da una forte crescita ed espansione continua nel mercato mondiale. I prodotti innovativi che l’azienda crea sono tanti e di successo. Come l’Elea 9003, il primo calcolatore elettronico realizzato in Italia. Per le innovative soluzioni adottate è considerato un prodotto tecnologicamente di avanguardia. In quel momento la Olivetti sembra inarrestabile. Mario Tchou, in un servizio di Leonardo Coen su Paese Sera dirà:
Attualmente possiamo considerarci sullo stesso livello dal punto di vista qualitativo. Gli altri però ricevono aiuti enormi dallo Stato. Gli Usa stanziano somme ingenti per le ricerche elettroniche, specialmente per scopi militari. Anche la Gran Bretagna spende milioni di sterline. Lo sforzo della Olivetti è relativamente notevole, ma gli altri hanno un futuro più sicuro del nostro, essendo aiutati dallo Stato.
Tchou quindi, si rammarica del fatto che l’Italia sia quasi totalmente assente nell’appoggiare e a tratti proteggere ciò che è la Olivetti. In questo contesto iniziano ad insinuarsi sospetti circa l’osservazione che la CIA ha nei confronti della società italiana.
Il 27 febbraio del 1960, Adriano Olivetti, in treno in viaggio verso Losanna, viene colto da una emorragia celebrale che non gli lascia scampo. L’autopsia sul corpo non viene fatta e ciò non fa che accrescere le ipotesi di complotto.
Il 9 novembre 1961 muore, in un incidente stradale Mario Tchou, insieme al suo autista. Come si legge sull’articolo de “la Stampa” del giorno successivo:
Le cause precise dell’incidente non potranno forse mai essere chiarite, ma soltanto ricostruite attraverso ipotesi e con la testimonianza del camionista bergamasco contro il cui “Leoncino” l’auto andò a schiantarsi.
Elisa Montessori, la seconda moglie di Tchou, in un’intervista al Corriere della Sera dichiara
Non esiste nessuna prova che qualcuno lo abbia ucciso. Mario non mi fece mai menzione di minacce o preoccupazioni per la sua incolumità. Ma una cosa è certa. La sua morte e quella di Adriano portarono, in poco tempo, alla dismissione della Divisione Elettronica di Olivetti, fiore all’occhiello del nostro Paese, che fu venduta in fretta alla General Electric. Quello sì fu un complotto, tutto industriale e finanziario, volto a indebolire l’Olivetti e l’Italia e a fare un favore agli americani
Nonostante, ad oggi non ci siano prove circa il coinvolgimento della CIA nelle morti delle due grandi menti italiane, è un dato di fatto che il braccio segreto degli Stati Uniti tenesse d’occhio, negli anni ’50, la Olivetti che, indubbiamente, era più all’avanguardia rispetto alla statunitense IBM. E ciò è stato confermato dalla desecretazione di alcuni documenti della CIA attestano che l’imprenditore italiano fu oggetto d’indagini da parte della stessa agenzia di spionaggio.
Dopo la prematura e improvvisa scomparsa di Tchou e Olivetti, il progetto Elea si arena, decretando la fine di una stagione rosea per l’elettronica italiana. La Divisione Elettronica infatti, sarà dismessa e venduta alla General Eletric. Una mossa indubbiamente avventata e non debitamente ponderata che vedrà attribuito proprio agli americani tutto il know how che fino a quel momento era in possesso dell’industria italiana.
Con la cessione della Divisione Elettronica sfuma il sogno italiano di entrare nel mercato del computer con largo anticipo rispetto ai competitor e di diventare, magari, leader nel settore. Ma non è solo un’occasione sfumata per la Olivetti. Lo è indubbiamente anche per lo Stato intero che non ha mai riconosciuto il grande valore che tale società ha apportato all’economia e avrebbe continuato a fare negli anni a venire.
La Olivetti, così come è nata non esiste più. Ad oggi è presente nel mercato delle telecomunicazioni. Dopo l’incorporazione con Telecom SpA e dopo provato a rilanciare il marchio (senza grande successo) attraverso la produzione di prodotti per casa e ufficio come scanner, fotocopiatrici e fax. Dal 2021 sta avviando un percorso di trasformazione verso l’IoT (internet of things), valorizzando gli assets e le competenze sul 5G.