Tassazione minima globale: la proposta di Janet Yellen

Se ne è parlato per molto tempo e finalmente arriva una proposta concreta sulla questione della tassazione minima globale. È ormai da qualche mese che Janet Yellen spinge su questo punto e cerca l’appoggio degli alleati, Italia compresa. È importante capire chi sia Janet Yellen, in che cosa consiste la sua proposta e analizzare i possibili impatti che potrebbe avere un tale provvedimento.

Chi è Janet Yellen?

Janet Yellen è un’economista, politica e accademica americana. Dopo essere stata Vicepresidente della Federal Reserve (la Banca Centrale degli Stati Uniti d’America) dal 2010 al 2014, ed esserne diventata la prima Presidente dal 2014 al 2018, attualmente è la prima donna a ricoprire la carica di Segretario del Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti

Oltre ad essere una delle donne più influenti al mondo, è anche una delle personalità più apprezzate nell’ambito dell’economia, grazie soprattutto al lavoro svolto durante il suo mandato alla Federal Reserve, durante il quale ha avuto la possibilità di instaurare un rapporto di cooperazione e amicizia anche con il collega Mario Draghi, allora Presidente della Banca Centrale Europea e attuale Presidente del Consiglio italiano.

Tassazione minima globale
Janet Yellen, Segretario del Tesoro americano (fonte: Ansa)

La tassazione minima globale

Per tassazione minima globale si intende l’introduzione di un’aliquota globale minima sui profitti delle multinazionali. Il principale obiettivo di tale provvedimento è quello di scoraggiare tutte le pratiche di alterazione della concorrenza note come dumping fiscale. Esso consiste nell’esistenza di sistemi di tassazione molto più vantaggiosi rispetto ad altri, che provocano delle forti disparità tra Stati. Ciò rende più difficile l’attrazione di investimenti esteri in quelle nazioni dove la pressione fiscale sulle aziende è più alta. È un fenomeno largamente diffuso e che riguarda da vicino anche il nostro Paese.

L’Unione Europea, pur essendo un’unione economica e monetaria, non possiede un sistema fiscale unico, ma ogni membro ne ha uno proprio e ciò genera delle forti disparità. Paesi come l’Irlanda, i Paesi Bassi e il Lussemburgo, che sono dei veri e propri paradisi fiscali all’interno dell’UE, riescono ad attrarre moltissime multinazionali (si veda il caso di Exor, ad esempio), a svantaggio soprattutto dei grandi Paesi europei, come Italia, Francia, Spagna e Germania, in cui la tassazione è molto più elevata. È anche grazie a queste politiche aggressive che tali Paesi registrano dei tassi di crescita e di investimento estero molto più alti rispetto alla media.

La proposta di Yellen

Janet Yellen, durante la conferenza del G20 di aprile (il foro internazionale che riunisce le principali economie al mondo), quest’anno presieduta dall’Italia, ha proposto l’introduzione di una tassazione minima globale al 21%. Questa riforma è in fase discussione con gli altri Stati, a partire proprio da quelli del G20, ma ha già avuto molteplici riscontri positivi. Oltre al Fondo Monetario Internazionale, anche il Ministro delle finanze francese Bruno Le Maire, il collega tedesco Olaf Scholz, e l’Italia, con il Ministro Daniele Franco, si sono detti favorevoli a tale piano. 

È di questa settimana una proposta più moderata della stessa Yellen che prevede il ridimensionamento dell’aliquota al 15%. Tale cifra deve essere comunque considerata come un punto di partenza, su cui basare eventuali proposte più ambiziose.

Le trattative saranno lunghe e complicate, ma, come riportato dal Financial Times, una prima presentazione della riforma è stata inviata a circa 140 Paesi. Essi, infatti potrebbero aderirvi soprattutto se i potenti del G20 o del G7 riusciranno a trovare un accordo.

Insieme possiamo servirci di una tassa minima globale per fare in modo che l’economia mondiale progredisca in condizioni di parità nella tassazione delle aziende multinazionali e stimoli innovazione, crescita e prosperità

Janet Yellen

L’obiettivo, comunque, non è solo quello di combattere il dumping fiscale e rendere la concorrenza più equa, ma tale riforma servirebbe anche a raccogliere le risorse necessarie a finanziare l’American Rescue Plan, l’ambizioso piano da 1900 miliardi di dollari presentato dal Presidente Joe Biden volto a rilanciare l’economia americana in seguito alla pandemia.

Pro e contro della tassazione minima globale

Tra gli aspetti positivi della tassazione minima globale, oltre ad una competizione più corretta, c’è l’aumento del gettito per i Paesi ad oggi più penalizzati. Tra questi, i grandi Paesi dell’UE sono sicuramente inclusi, dato che hanno una corporate tax (comprendente tasse locali e nazionali) elevata. In Germania è al 30%, in Francia al 32%, in Italia al 28% e in Spagna al 25%. Gli Stati Uniti e il Canada raggiungono cifre simili, rispettivamente del 26% e 26,5%.

Si stima che il 40% dei profitti delle grandi multinazionali globali sia spostato nei paradisi fiscali e tale pratica costa all’Italia circa 26 miliardi di euro di mancati incassi ogni anno. Se tutti i Paesi adottassero la stessa aliquota, secondo le stime, l’Europa avrebbe un gettito superiore del 15% e gli Stati Uniti del 10%.

OECD, UniCredit research

Le difficoltà nell’implementazione di tale riforma riguardano principalmente due fronti. Da una parte c’è la difficoltà di mettere d’accordo così tanti Paesi con sistemi fiscali completamente diversi; se così non fosse, probabilmente l’Unione Europea sarebbe già stata in grado di istituire un sistema fiscale interno comune a tutti gli Stati membri. Dall’altra, come sottolineato da David Malpass, Presidente della Banca Mondiale, questa iniziativa potrebbe penalizzare ancora di più i Paesi poveri, a causa delle maggiori difficoltà ad attrarre investimenti.