Vespa Piaggio: una storia tutta italiana

vespa Piaggio

Simbolo di eleganza in tutto il mondo, made in Italy, la Vespa è andata oltre la sua funzione di semplice “mezzo di trasporto” introducendo uno stile di vita all’insegna della libertà riconquistata con la fine della seconda guerra mondiale. Con oltre 19 milioni di esemplari prodotti dal 1946 ad oggi, la Vespa festeggia i suoi 75 anni dalla deposizione di quel brevetto.

Piaggio: le origini

Forse non tutti sanno che… la Piaggio, fondata nel 1884 a Genova da Rinaldo Piaggio, non nasce come società produttrice di motocicli bensì come società produttrice di arredamento navali per concentrasi poi successivamente nella costruzione di carrozze, motori, vagoni ferroviari e tram. Con l’avvento della Grande Guerra, la società Piaggio entra nel settore aeronautico producendo aeroplani e idrovolanti ed acquisendo nuovi stabilimenti che subiranno ingenti danni durante la seconda guerra mondiale.

Vespa: la nascita di una icona made in Italy

A seguito degli strascichi lasciati dalla seconda guerra mondiale, i figli di Rinaldo, Enrico e Armando decidono di rivoluzionare il core business dell’azienda e di concentrarsi di più sulla mobilità individuale. Il compito venne affidato da Enrico Piaggio all’Ing. Corradino d’Ascanio che dovrà occuparsi di creare un veicolo per la mobilità individuale facile ed economico.

Così il 23 aprile 1946, viene depositato il brevetto della “motocicletta e complesso razionale di organi ed elementi con telaio combinato con parafanghi e cofano ricoprenti tutta la parte meccanica“. Il primo stock di produzione della Vespa 98cc sarà di 2 mila esemplari in due diverse versioni. La prima “base” dal costo di 55 mila lire e la seconda “di lusso” dal prezzo di 61 mila lire e con alcuni optional quali: il contachilometri, la stampella laterale gli pneumatici con il fianco bianco.

Brevetto Vespa Piaggio
Il brevetto depositato della Vespa Piaggio, Ufficio brevetti e marchi

Le origini del nome Vespa

Vi siete mai chiesti come mai si chiami proprio “Vespa”? Il motivo è semplice. Una volta costruito il primo prototipo a cura dell’Ing. d’Ascanio, l’esclamazione di Enrico Piaggio fu: “Pare una vespa!. E da quella semplice esclamazione nasce una vera e propria rivoluzione comunicativa che dà vita ad iconiche pubblicità.

La libertà di muoversi… ed esprimersi

Negli anni 60 i mass media iniziano ad utilizzare la parola “mod” indicando tutto ciò che è popolare e moderno. Termine derivante dal fenomeno giovanile Modernist ossia coloro i quali si fanno da portavoce della voglia di cambiamento, affermazione e libertà. Questo fenomeno sarà fautore di un nuovo modo di vivere la città, di spostarsi e di comunicare anche il proprio senso di appartenenza utilizzando anche la Vespa come segno distintivo.

Vespa Piaggio per l’emancipazione femminile

Finalmente le donne ricevono il diritto di voto ed insieme ad esso inizia la volontà di sentirsi sempre più libere e slegate dai dogmi. Così anche la Vespa diviene il simbolo dell’emancipazione femminile. Le giovani ragazze erano presenti in numerose locandine pubblicitarie, ma oltre a ciò il veicolo in sé era l’ideale per le donne che fino a quel momento dovevano stare a cavalcioni sul serbatoio. Inoltre, la Vespa attraverso il gancio porta oggetti all’interno del manubrio consentiva di riporre la borsa al suo interno senza il pericolo di perderla durante il viaggio.

Vespa Piaggio e le strategie di marketing

Il primo slogan famoso utilizzato è “Vespizzatevi!, ossia un verbo creato a partire dal nome proprio del motociclo. Una parola che subito invoca le persone ad acquistare o quanto meno, prendere in considerazione, l’idea di fornirsi della Vespa per potersi destreggiare in mezzo al traffico.

Vespizzatevi!, Gruppo Piaggio

Per non parlare poi dell’impatto cinematografico. Erano gli anni della “Dolce Vita” e proprio in quegli anni e grazie a numerose pellicole, la Vespa divenne sinonimo di scooter. Iconica l’immagine di Audry Hepburn e Gregory Peck in sella alla vespa nel meraviglioso film “Vacanze Romane”.

Dal film “Vacanze Romane”, Wikipedia

Gli anni ’70

Un altro slogan importante e significativo è “Chi Vespa mangia le Mele” affermatosi negli anni 70. La prima parte di questa decade vede quindi l’affermarsi di un nuovo stile nel linguaggio, un modo per avvicinarsi ancora di più ai giovani. Nella seconda parte della decade, lo slogan cambia in “Mela compro la Vespa“. Negli stessi anni inizia a crearsi il sentimento ecologista, si inizia a parlare di inquinamento ponendo il focus soprattutto sulle vetture a quattro ruote che congestionano il traffico urbano. Nasce così una nuova campagna pubblicitaria utilizzando sempre i giochi di parole come Sardomobili!” facendo riferimento alle sardine strette in scatola ed accostandole al traffico cittadino. E ancora “Le sardomobili si rubano l’aria“, “Le sardomobili non amano gli altri“, “Le sardomobili non godono il sole…splende chi Vespa!“.

Gli anni ’80

Negli anni 80 invece, sull’onda dei mondali vinti dalla nazionale italiana, lo slogan della Vespa è “l’Italia s’è Vespa!. Ma nei tempi a venire l’efficacia pubblicitaria e comunicativa del gruppo Piaggio andrà sempre più a calare. Gli anni 80 apportano importanti modifiche negli usi e consumi, avendo da un lato i giovani consumisti e dall’altro persone più adulte alla ricerca di prodotti raffinati ma di facile utilizzo. Sul fronte giovani, si cerca di catturare la loro attenzione citando Marx al posto di Marzo e sul fronte adulti, invece si utilizza lo slogan “Va da qui a là con facilità

Spot Vespa 1982, Elogio alla Vespa

Il declino negli anni ’90

Gli anni ’90 non rappresentano sicuramente una decade rosea per la Vespa. Si cerca di attuare un cambio generazionale utilizzando la parola “Cosa” nelle pubblicità ma la parola si rivela troppo generica e toppa completamente. Con scarso successo Piaggio prova riutilizzare i giochi di parole come “Che Cosa la vita!”, “Quella Cosa della Piaggio”. Viene a mancare quella innovatività sia nel linguaggio che nei prodotti stessi. Ad esempio i modelli 50 e 125 non hanno significativi aspetti differenti rispetto a quelle prodotte nella decade precedente e pertanto risultano poco appetibili al mercato.