Blocco del canale di Suez: gli effetti sul commercio globale

Dal 23 al 29 marzo appena trascorso Ever Given, una nave portacontainer di ben 1.300 piedi di lunghezza, ha creato un blocco del traffico all’ingresso del Canale di Suez, in Egitto. Dopo sei giorni in cui si è lavorato senza sosta, il canale è stato finalmente liberato due giorni fa (29 marzo), ma i risvolti sono stati di oltre 200 navi impossibilitate a spostarsi dalle due estremità di Suez. Tale fatto ha incrementato la pressione sul commercio globale, in un periodo in cui era già costretto a combattere alacremente contro gli effetti economici della pandemia COVID-19. Nota a margine: il Canale è stato bloccato più di cinque volte dalla sua apertura nel 1869, tuttavia sempre per questioni legate a tensioni politiche tra i Peasi.

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I numeri del blocco

Il proprietario giapponese di Ever Given, Shoei Kisen, si è scusato pubblicamente giovedì 25 marzo in quanto il blocco ha congelato beni commerciali per un valore stimato in miliardi di dollari -basti pensare che il commercio marittimo rappresenta il 90% degli scambi su scala globale (Alan Murphy, il fondatore di Sea Intelligence, una società di analisi e dati marittimi, ha dichiarato ciò al New York Times)-: quotidianamente infatti attraversano il canale ,tra gli altri, circa un milione di barili di petrolio e l’8% del gas naturale liquefatto globale, andando entrambi a concorrere in un più ampio 12% delle merci commerciabili totali; ovvero quelle che percorrono questo corso d’acqua. Ribaltato in pecunia, ciò equivale ad una perdita di circa 8 miliardi di euro in merci al giorno, ovvero circa 330 milioni di euro/ora. Vien naturale dunque pensare che ciò potrebbe avere un risvolto doloroso sul mercato del commercio globale per settimane o forse mesi.

Blocco canale Suez: beni
Via Financial Times, Geography class: US offers to help Egypt unblock Suez Canal


Gli effetti sul commercio

Dunque, ricapitolando: la nave è ora stata disincagliata ed il commercio è ripreso, tuttavia vi è un enorme arretrato di navi che transitano attraverso il canale. Questo poiché il numero di imbarcazioni interrotte (si ricordi che meno navi in circolazione implica, tra le altre cose, aumento dei noli) si è acuito ogni 24 ore per un periodo totale di sei giorni man mano, questo men mano che più navi tentavano di solcare la rotta di Suez. Naturalmente, da qui in avanti vi sarà una reazione a catena: si potrebbe infatti andare incontro ad un ribaltamento della congestione presso i porti più trafficati oltre che un’ulteriore esacerbazione delle supply chain, le quali stavano già vacillando a causa della carenza di container. Ciò si ripercuote sulle linee di assemblaggio, che potrebbero rimanere inattive.

Una seconda perdita commerciale è generata dal reindirizzamento delle navi a cui viene chiesto di viaggiare attraverso il Capo di Buona Speranza, in Sud Africa. Ciò comporta un ritardo di giorni otto rispetto la normale tratta, oltre che 21.000 euro/giorno di extra costi di carburante. Dunque, il prezzo della merce che arriverà a terra sarà maggiore; in tre parole: crescita dell’inflazione (a breve termine, fin quando le catene di approvvigionamento non torneranno alla normalità).

In ogni caso, le perdite continuano ad aumentare: secondo Allianz, infatti, nelle prossime settimane ci si potrebbe trovare d’innanzi ad una riduzione della crescita del commercio dallo 0,2 allo 0,4% (ovvero tra 5 e 8 miliardi di euro). Un dato impressionante per il primo vero blocco del canale (dal 1869 ad oggi, infatti, tale corso d’acqua è sì stato “congelato” per ulteriori 5 volte, ma sempre a causa di tensioni internazionali aventi risvolti politici e commerciali, mai per eventi naturali sfocianti in incagliamenti di navi portacontainer).