Steve Jobs è all’unanimità considerato uno dei geni dei giorni nostri, avendo lanciato due delle attuali aziende globali più creative ed a maggior valore: Apple e Pixar. Per giungere a ciò, tuttavia, non ha sempre solcato la via dettata da regole e preconcetti, anzi: Jobs aveva una maniera del tutto personale di creare una realtà a propria immagine, una distorsione dell’ambiente tangibile da utilizzare allo scopo di convincere le persone che le sue idee e capisaldi fossero vere. Ciò ha permesso ad egli di affrontare e superare i numerosi ostacoli che si sono posti dinnanzi la sua strada, ed è il modo in cui ha fatto progredire le sue aziende. Egli era solito abbinare a ciò delle tecniche manipolatorie, che andremo ad esaminare facendo leva su alcuni tratti della vita di Jobs stesso descritti puntualmente nella biografia del cofondatore di Apple, scritta da Walter Isaacson.
Le persone si lasciano influenzare dalle emozioni forti, sono trasportate da esse. Correvano gli early-2000, e prima che Apple lanciasse iTunes, Jobs vide numerosi musicisti allo scopo di coinvolgere nel progetto tante più labels discografiche possibili. Tra questi, il celebre trombettista Wynton Marsalis. Marsalis ha riferito che Jobs parlò due ore di seguito.
Allo stesso modo Jobs parlava allo stesso modo alla propria squadra marketing, tant’è che gli spot, prima televisivi e poi sul web, hanno contribuito nel far diventare Apple uno status symbol:
1997, Jobs era appena tornato in Apple: cercò subito di rinforzare l’azienda che aveva fondato, la quale stava vivendo un periodo buio generato dal preferire la quantità alla qualità dei prodotti nonché da una gestione mediatica da rivedere. In una riunione disse ai dirigenti:
Dunque, onestà in primis; anche se può apparire sferzante.
Avrebbe anche detto al suo biografo:
La sua etica del lavoro era spaventosa: post 1996 (anno del ritorno in Apple) lavorava 14 ore al giorno 7 su 7, dal momento che era a capo anche della Pixar. Pur soffrendo di calcoli renali, continuava a motivare le aziende a s spronare le persone con lo scopo di far dare loro il meglio possibile: anche per questo fu molto rispettato.
L’essere umano cerca approvazione, e si sente felice nel momento in cui la riceve: se gli si parla in modo affettuoso, egli ne sarà affascinato, stregato, e sarà convito di essere entrato nelle vostre grazie: “Gente come Amelio e Sculley (ex Ceo di Apple) si sono lasciati convincere che siccome Jobs li aveva affascinati, ciò voleva dire che gli piacevano e li rispettava.”
Pur non avendo sempre ragione, Jobs sembrava essere nel giusto: teneva una saldamente una posizione e, qualora si rendesse conto fosse la peggiore, velocemente avrebbe adottato la migliore quale sua, difendendola con la medesima veemenza. Un esempio: Ron Johnson, vicepresidente del settore vendite al dettaglio Apple, propose di chiamare “Genius Bar” un punto vendita dove sarebbero stati impiegati i più esperti di Mac. Dapprima Jobs denigrò l’idea, ma il giorno seguente venne chiesto al legale di Apple di brevettare il nome “Genius Bar”
Le decisioni di Apple prendevano raramente in considerazione ricerche, studi e sondaggi. Altrettanto raramente duravano mesi. Veloci e determinate, così erano le idee di Jobs. Si prendano i primi iMac: Jobs decise subito che i loro colori dovessero essere quelli delle caramelle
Woody, il cowboy di Toy Story, stava modificando il proprio carattere originario (progetto Pixar) a seguito della sceneggiatura Disney: si stava gradualmente trasformando in un idiota. Jobs rifiutò il fatto che la Disney rovinasse la storia originale concepita da Pixar:
Jobs volle che la Disney restituisse le redini del progetto a Pixar, e da ciò derivò il grande successo del film.
Altro esempio. Apple store: inizialmente i negozi erano pensati in maniera sbagliata. Ron Johnson si era accorto che Apple aveva organizzato gli stores sulla base dei prodotti da vendere, e non su cosa le persone avessero voluto fare con quei prodotti. Comunicato a Jobs il tutto questi, dopo una prima sfuriata per l’iniziale errore, avvallò la correzione dandole pienamente credito: ciò ritardò il debutto previsto di tre o quattro mesi.
Apple doveva essere un’azienda di serie A, così come il suo personale: ciò implicava il licenziare persone di levatura minore, o spronarle a diventare di serie A. Prima di lanciare il Macintosh, uno degli ingegneri incaricati di costruire un mouse movibile in ogni direzione disse che “non c’era modo di produrre commercialmente un mouse come quello”. Quando Jobs lo scoprì, lo licenziò immediatamente. Le prime parole pronunciate dal suo sostituto furono: “Posso costruire quel mouse.” Inoltre, Jobs non gradiva i problemi complessi: nei loro confronti si comportava in modo distaccato, ed avrebbe ignorato la situazione. Chrisann Brennan, madre di Lisa -figlia ripudiata-, descrisse questa tattica al biografo di Jobs:
Jobs riteneva che il successo fosse solo un punto di partenza: non si crogiolava sugli allori. Non appena vinse la scommessa Pixar grazie a Toy Story, andò sul mercato:
Pixar fece la propria Ipo la settimana successiva all’uscita di Toy Story; ciò permise all’azienda di Jobs di non essere più dipendente da Disney per finanziare i propri film ed anzi, fu quest’ultima ad aver bisogno di Pixar per salvare il proprio reparto di animazione. L’azienda di Topolino, infatti, avrebbe in seguito comprato la creatura di Jobs per sette miliardi e mezzo di dollari.
Una volta tornato in Apple, Jobs era conscio della propria influenza: l’allora Ceo, Gil Amelio, dipendeva infatti da egli per la visione necessaria a far andare avanti l’azienda. Nel suo primo giovedì di nuovo alla Apple, Jobs usò la sua rinnovata forza a proprio vantaggio: pretese che Apple rivedesse le sue azioni, abbassando il prezzo di esercizio, per aumentarne di nuovo il valore. Quando il consiglio ostacolò l’idea, disse:
Ottenne ciò che voleva. Non contento, il giorno seguente pretese che tutti i membri del consiglio rassegnassero le dimissioni, “oppure sarò io a darle e lunedì non tornerò al lavoro”. Fu ciò che successe ed egli poté scegliere i propri consiglieri coì da avere il controllo sui successivi progetti di Apple (iPod)
Jobs odiava scendere a compromessi, desiderava battere la concorrenza e creare il prodotto migliore possibile ed era esigente su qualsiasi cosa: dalla velocità del Macintosh alla pubblicità, dal numero di pressioni sui tasti dell’iPod alla lunghezza del processo produttivo dei computer. Era conscio del fatto che questa pignoleria avrebbe creato un culto: