Web Tax : è una strada percorribile?

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La notizia del governatore del Piemonte, Alberto Cirio che vorrebbe tassare Amazon ha riaperto un dibattito già movimento negli ultimi anni. Ricordiamo che in Italia, la “digital tax” è stata già introdotta a partire dal primo gennaio di quest’anno, con l’entrata in vigore della Legge di Bilancio. Non essendoci ancora un accordo internazionale, in sede OCSE o quantomeno in sede europea, una Web tax nazionale potrebbe portare innumerevoli controindicazioni.

Digital Tax: la web tax italiana già presente nella Legge di Bilancio 2019

Come detto precedentemente, a gennaio è entrata in vigore l’Imposta sui Servizi Digitali. Si tratta di una tassa sui ricavi delle società che forniscono certi servizi digitali. Le soglie minime per definire il perimetro dei soggetti colpiti sono le stesse della proposta della Commissione: un fatturato globale di gruppo di 750 milioni di euro, di cui 5,5 derivanti da servizi digitali erogati sul territorio nazionale.

Questo provvedimento si propone di colpire la pubblicità online, le commissioni che aziende Amazon incassano dalla vendita di beni e servizi su una piattaforma online. Questa norma, comunque, presenta diverse esclusioni e vedere quali ricavi dovrebbero essere tassati risulta davvero complesso. Ad esempio, viene esclusa la fornitura di servizi bancari digitali e le vendite online fatte dai produttori sui propri siti aziendali.  

Questo penalizza (e non poco) le piccole imprese che vendono tramite Amazon che si vedrebbero danneggiate rispetto ad un Brand più conosciuto e che vende tramite il proprio sito. Le altre controindicazioni sarebbero:

  1. Per come è formulata, probabilmente sarebbe scaricata sui consumatori;
  2. Colpisce anche alcune imprese editoriali nazionali;
  3. Non sarebbe compatibile con la normativa della privacy vista l’imposizione alle imprese del web di geolocalizzare gli utenti per poter vedere la provenienza delle transazioni;
  4. Il gettito è sovrastimato.

La nuova Web tax proposta da Cirio

Il Piemonte, quindi, si fa promotore di una modifica della Digital Tax 145 del 2018 per la tassazione di Amazon e i grandi colossi dell’hi-tech. La proposta è quella di portare l’aliquota per gli e-commerce dal 3 al 15% ed utilizzare l’incasso per aiutare i piccoli commercianti. Un incasso che è previsto intorno ai 2 miliardi di euro qualora si dovesse spostare l’aliquota effettivamente.

Nella proposta del Piemonte vi è anche una “Web Covid Tax” pensata per tassare le transazioni dell’e-commerce nel periodo del lockdown con l’aliquota che dovrebbe crescere dal 15 al 30%.  

Tutto questo non fa altro che portare al rischio che, in assenza di una soluzione globale, si prevedano misure unilaterali e non coordinate. E’ chiaro che il sistema fiscale non è più adatto e risulta anacronistico e come dice l’economista Joseph Stigliztz la base imponibile dovrebbe essere calcolata: “stabilendo in proporzione alle vendite, all’occupazione e al capitale sociale di ogni singola multinazionale, nel singolo Paese”.

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Web Tax : è una strada percorribile?

Le tasse sul fatturato

La sensazione è che si andrà verso una tassa sul fatturato come successo in Francia con un’imposta basata sul fatturato con un’aliquota che potrebbe andare dal 6 al 30%. Il problema è che una tassa sul fatturato ha una probabilità elevata di essere traslata sugli acquirenti. Inoltre, l’imposizione unilaterale generebbe una situazione di doppia imposizione portando a conflitti fra Stati riguardo alla ripartizione del gettito fiscale.

Infine, tutti i governi americani hanno sempre affermato che il gettito fiscale dovrebbe rimanere negli USA poiché sono stati loro a produrre la ricerca e il valore aggiunto di cui usufruiscono tutti i consumatori del mondo. Per questo motivo l’unica soluzione è la via negoziale in sede OCSE.

Web Tax: una delle soluzioni


Finché non ci sarà una legislazione a livello mondiale, il rischio è che ci possano essere azioni di rivalsa contro questo tipo di imposte con dei dazi da parte di chi non ha intenzione di implementare questo tipo di tasse. Il risultato sarebbe una guerra commerciale. La combinazione di misure e contro-misure protezionistiche danneggerebbero partner commerciali, compresi quelli esentati dai dazi, distorcendo flussi di cambio e interrompendo le catene globali del valore.

Le ripercussioni geopolitiche potrebbero essere devastanti ed avere delle conseguenze tragiche non solo per tutte le economie ma anche nelle varie abitudini dei consumatori.