Studiando o lavorando nell’ambito della gestione d’impresa, o -se vogliamo essere più british- ‘del management’, si viene gioco forza a comprendere bene quanto siano fondamentali tanto la definizione di un piano strategico quanto l’organizzazione un ciclo di pianificazione, programmazione e controllo. Entrambe le operazioni volgono il proprio sguardo verso il medio-lungo termine, ma, mentre la prima è, banalizzando, di livello più alto, nel senso che non riguarda nello specifico le azioni da implementare e quindi è più generica, la seconda appare certamente più pragmatica ed operativa. E’ altresì chiaro che trattasi di due processi che sono interdipendenti: non può esistere uno senza che ci sia l’altro.
Al di là delle mere nozioni teoriche, il non implementare questi due documenti, averli incompleti o peggio, averli formulati male, può comportare delle conseguenze reali (nonché pesanti). Esempio lampante di quanto detto è quello quanto mai attuale del Covid-19 (qui le ultime news sul vaccino): durante Marzo scorso, infatti, siamo stati letteralmente travolti dall’emergenza sanitaria ed eravamo del tutto impreparati per poterla combattere, sia dal punto di vista delle attrezzature (mascherine, dispositivi di protezione per il personale sanitario, respiratori, posti di terapia intensiva, …) che del personale (visto che ci si è resi conto che c’era, e c’è tutt’ora, una carenza di figure mediche specialistiche).
A seguito di ciò, molti esperti hanno, a ragion veduta, puntato il dito sulla mancanza di un piano pandemico, ossia quel piano di preparazione e risposta, contenente le misure da attuare nel caso, appunto, di pandemia.
Sia chiaro, compilare un piano del genere appare molto più complicato di quanto possa sembrare, principalmente per i seguenti motivi:
Tuttavia, è proprio per la ragione per cui appare così difficile reagire in tali singolari circostanze, che un piano deve essere quantomeno preparato.
Come riportato dall’inchiesta di Report andata in onda il 2 novembre scorso, l’OMS avrebbe approvato e poi ritirato un rapporto, frutto del lavoro di 20 ricercatori, in cui era evidenziato il fatto che l’Italia non ha più aggiornato il proprio piano pandemico dal lontano 2006, rendendolo dunque inadeguato e obsoleto. Tenendo conto del ritmo con cui nascono e si sviluppano le nuove tecnologie che accompagnano la ricerca, 14 anni sono un’infinità; inoltre non furono fatte scorte di mascherine né di dispositivi di protezione individuale nonostante fossero caldeggiate dall’OMS.
Perché, quindi, non sono stati aggiornati più i piani pandemici da oltre un decennio? E quanti danni, in termini di decessi, si sarebbero potuti evitare attualizzando questi piani, specie tra gli operatori sanitari che dovevano essere la categoria in assoluto più garantita e protetta?
Insomma, al di là delle responsabilità, delle scelte individuali e della cattiva amministrazione, che pure pesano parecchio se pensiamo al caso del Nord Ovest o del meridione italiano, la programmazione e l’organizzazione devono essere pilastri fondamentali e fondanti, specie nella gestione della cosa pubblica, pena il trovarsi a gestire una situazione di emergenza permanente.
Articolo a cura di Giovanni Mastromatteo