Aeroporto di Milano Malpensa in crisi: perso il 75% del traffico aereo
L’aeroporto di Milano Malpensa è in grave crisi, con una grossa perdita in termini di traffico aereo e di cassa. Vediamo numeri e dettagli.
Il COVID-19 non ha risparmiato neanche il più grande aeroporto d’Italia, dopo quello di Roma-Fiumicino. L’aeroporto di Milano Malpensa è in forte crisi e ha dirlo è niente di meno che Armando Brunini, il CEO del Gruppo SEA (Società Esercizi Aeroportuali). Il gruppo in questione è una Società per Azioni dal fatturato di oltre 700 milioni di euro e con una quota di partecipazione del Comune di Milano peri al 54,81% (dati del 2017).
La crisi dell’aeroporto di Milano Malpensa consiste nella perdita dei 3/4 del traffico aereo, che si trasforma poi in bilancio in una grossa perdita di cassa. A risentire della crisi saranno anche i dipendenti, con una probabile perdita dei posti di lavoro, e le stime per un ritorno ai ritmi antecedenti al COVID-19 ci vorranno molti anni.
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La crisi e la condizione occupazionale
Nelle parole di Armando Brunini ci sono anche i numeri della crisi, oltre al commento. L’aeroporto di Milano Malpensa, ha dichiarato l’amministratore delegato del Gruppo SEA, chiuderà il mese di ottobre con un -75% di traffico aereo, per perdita totale pari al 70% del traffico aereo se si considera il sistema di aeroporti milanesi nel suo complesso (Malpensa + Linate).
Questo -75% si trasforma, come facilmente prevedibile, in una questione economica: la gestione operativa costerà all’aeroporto 70 milioni di euro, per un totale di 180 milioni di cassa “bruciati” (termine usato dallo stesso Brunini) se si aggiungono i soldi investiti. Ecco le parole del CEO:
Con la pandemia che è tornata a crescere chiuderemo il mese a -75%. Siamo in situazione di grande crisi e non più nelle condizioni di autofinanziare gli investimenti. Se prima producevamo cassa per 200milioni di euro, ora soltanto la gestione operativa brucia 70 milioni. Se a questi aggiungiamo gli investimenti fatti bruceremo 180milioni di cassa. Non siamo più nelle condizioni di investire come prima.
Eppure non era un brutto periodo per il trasporto aereo, basta guardare alla crescita dello stesso nel corso degli ultimi dieci anni, rappresentabile numericamente da un +4% / Anno. Con un trend così, il Gruppo SEA ha pensato (bene, al tempo) di investire nel settore, ma “in 24 ore è cambiato il mondo” (ha detto Brunini) e tutto è andato perduto.
Per quanto riguarda la condizione occupazionale legata agli aeroporti milanesi, è anch’essa molto complessa e delicata. Prima dell’arrivo del COVID-19, tra Milano Malpensa e Milano Linate vi lavoravano oltre 30 mila persone (corrispondenti, con una stima, a circa 100.000 famiglie); oggi, invece, circa il 50% dei suddetti lavoratori o ha perso il lavoro o è in cassa integrazione.
Ritorno al futuro: qual è la soluzione?
Secondo il CEO del Gruppo SEA, è importante che il Governo abbia capita che non va presa in considerazione esclusivamente Alitalia ma tutto il sistema aeroportuale italiano. La richiesta, dunque, è quella di utilizzare una parte del Recovery Fund per tirarlo fuori dal baratro, altrimenti si rischia di tornare indietro e non riuscire a restare al passo coi tempi. Brunini, per confermare la sua tesi, prende come esempio la Germania e dichiara che essa “ha investito 1,3 miliardi per il sistema aeroportuale; in particolare, il CEO chiede di “non rinunciare alle sfide ecologiche e di digitalizzazione che ci tengano al passo con l’Europa e con il mondo”.
Infine, Armando Brunini ha dichiarando che per un ritorno alla normalità (inteso come “prima del COVID-19”, in termini di volumi di traffico aereo e di condizione occupazionale, ndr) si stimano tempi lunghissimi, ipotizzando come “primo anno normale” il 2024.