Economia

Trump e le tasse (non) pagate: inchiesta del NYT

Donald Trump, in corsa per il secondo mandato presidenziale con il partito repubblicano, rischia di essere travolto dall’ennesimo scandalo. Il New York Times (NYT) pubblica un’inchiesta da cui emergerebbe che nell’anno in cui è stato eletto il magnate avrebbe pagato soltanto 750 dollari di tasse e che le sue società avrebbero oltre 300 milioni di dollari di debiti in scadenza nei prossimi 4 anni.
Le dichiarazioni dei redditi di Trump

Dal 1973, anno in cui Richard Nixon versò solamente 792,81 dollari al fisco statunitense grazie a una deduzione per beneficenza, è divenuta prassi comune che i presidenti USA rendessero pubbliche le proprie dichiarazioni dei redditi. Il primo a interrompere la consuetudine è stato Donald Trump (non vi è alcun obbligo legale in tal senso). Da allora la situazione fiscale (e finanziaria) di Trump è divenuto oggetto di interesse da parte della stampa e, ovviamente, dei suoi oppositori. Trump ha più volte affermato che il motivo per cui non rende pubblici tali documenti è che vi è stata una controversia con l’IRS (Internal Revenue Service, l’equivalente USA dell’agenzia delle entrate) e che un’indagine in merito è ancora in corso.

L’inchiesta del New York Times

Il NYT, alla vigilia del primo confronto tra Trump e l’avversario Biden, ha pubblicato un’inchiesta che farebbe luce sulle tasse versate dal magnate in quasi un ventennio (anche se mancano informazioni successive al 2018). Il NYT sostiene di aver ottenuto le informazioni confidenziali da fonti che avevano accesso legale ai documenti e di essersi accertato della veridicità degli stessi confrontando delle parti di essi con informazioni di pubblico dominio. I documenti di cui è in possesso non sono stati resi pubblici per tutelare le fonti. Il giornale, comunque, afferma che le informazioni in suo possesso sono veritiere ma carenti di alcune parti.

Elusione o cattiva gestione?

Dall’inchiesta emerge che le somme versate da Trump sarebbero irrisorie se confrontate con quelle versate da altri businessmen che operano negli stessi settori e hanno patrimoni e attività confrontabili. A maggior ragione se si considerano i redditi vantati dal tycoon e il suo stile di vita. Trump avrebbe versato 750 dollari di tasse l’anno in cui è stato eletto e l’anno del suo primo mandato, mentre nei 5 anni precedenti avrebbe corrisposto al fisco 0 (zero) dollari. Com’è possibile? Trump è un evasore? No. L’entità delle somme dovute sarebbe imputabile alle perdite registrate da Trump in quegli anni (e negli anni precedenti grazie al carry forward).

Le perdite

Dall’inchiesta, infatti, emergerebbe che tra le oltre 500 entità facenti capo a Trump, alcune sarebbero in costante perdita. Se alcune delle attività sono redditizie, come gli spazi commerciali dell’iconica Trump Tower che avrebbero fruttato profitti per oltre 336 milioni di dollari tra il 2000 e il 2018, altre continuano a bruciare soldi. L’esempio più eclatante, in quest’ultimo caso, sarebbero i campi da golf: solamente il più grande di essi, il Trump National Doral, vicino Miami, acquistato per 150 milioni nel 2012, ha totalizzato perdite per 162,3 milioni di dollari entro il 2018.

Trump Tower (Wikimedia Commons)

I costi di esercizio sospetti

Se da un lato le perdite di alcune società di Trump sono enormi, dall’altra il sospetto che si tratti di manovre congegnate per eludere il fisco è sostenuta da alcuni dettagli. Secondo il NYT, infatti, alcune spese private di Trump sarebbero state iscritte nei costi di esercizio delle sue società: tra queste figurerebbero 70.000 dollari di parrucchiere per Trump (durante il reality show “The Apprentice” di cui era protagonista) e oltre 95.000 dollari di parrucchiere e makeup della figlia Ivanka. Inoltre, figurerebbero alcune spese di consulenza corrisposte a consulenti non specificati. Il sospetto è che tali spese siano state, in realtà, somme versate a propri familiari. Il caso riportato riguarda un costo per una consulenza pari a 747,622 dollari pagato nel 2017: nello stesso anno Ivanka Trump ha ricevuto un pagamento da una società di consulenza di cui è comproprietaria di identico importo.

Il rimborso e le controversie con l’IRS

La controversia con l’IRS (Internal Revenue Service, l’equivalente USA dell’agenzia delle entrate) dovrebbe riguardare un rimborso richiesto da Trump nel 2009 pari a 72,9 milioni di dollari. Il rimborso sarebbe dovuto a una perdita di oltre 700 milioni di dollari di perdite in una attività che non aveva potuto detrarre in precedenza. Sebbene il materiale in possesso del NYT non specifichi il business al centro della questione, esso potrebbe avere a che fare con investimenti fallimentari del tycoon in casinò ad Atlantic City. Il rimborso è stato erogato ma delle indagini sono in corso: qualora dovessero risultare irregolarità, Trump dovrebbe restituire una somma pari a oltre 100 milioni di dollari.

La corsa alle presidenziali e la ripresa

Alcune domande sollevate dall’inchiesta potrebbero riguardare proprio la prima candidatura di Trump alle presidenziali USA. Se le finanze di Trump erano così mal ridotte, la stessa candidatura del magnate non potrebbe essere stata un’operazione per rilanciare la sua immagine pubblica (e con essa il brand)? Del resto, ciò era già avvenuto con la partecipazione del magnate allo show televisivo “The apprentice”: dopo ingenti perdite delle sue società negli anni ’90, ­Trump aveva visto un nuovo periodo di splendore grazie alla fama conquistata col programma. Solamente i diritti dello show e i contratti per l’uso del brand conseguenti alla fama acquisita hanno fruttato fino al 2018 oltre 427 milioni di dollari, secondo quanto riportato dal NYT. Con le elezioni, in effetti, la popolarità di Trump era cresciuta enormemente. Inoltre, con l’elezione alla presidenza USA il volume d’affari dei vari club e resort di Trump avrebbe subito forti incrementi grazie all’intento di nuovi membri e clienti di creare rapporti con quello che era diventato uno degli uomini più influenti del pianeta.

La risposta di Trump

Alan Garten, legale della Trump Organization, sostiene che “molti, se non tutti, dei fatti [riportati] sembrano essere inaccurati” e chiede di poter vedere i documenti su cui essi sono basati. Il NYT, come già accennato, si rifiuta di fornire i documenti per proteggere le proprie fonti. La risposta di Trump su Twitter bolla il tutto come fake news. Il tycoon afferma di aver pagato milioni di dollari di tasse e di aver beneficiato, come chiunque altro, di ammortamenti e credito di imposta. Inoltre, sostiene di essere molto poco indebitato rispetto agli asset che possiede. Che si tratti di elusione fiscale o di cattiva amministrazione, comunque, il danno di immagine potrebbe costituire un duro colpo per la corsa alle elezioni di Donald Trump.

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Published by
Antonio Donadio