Nazionalizzazione Alitalia: rischio isolamento di Sicilia e Sardegna
Nessuna pace per il Governo sul Decreto Rilancio. Dopo il polverone alzato sulla sanatoria dei migranti e sulla complessità del testo, un nuovo attacco viene sferrato nei confronti dell’ultimo decreto legge. Sotto l’occhio del ciclone la presunta nazionalizzazione di Alitalia.
Questa volta ad alzare la voce sono le più importanti compagnie low cost che rappresentano oltre il 50% del traffico aereo in Italia. Questi vettori si sono riuniti nell’Associazione Italiana Compagnie Aeree Low Fares (Aicalf) costituita lo scorso 12 maggio da Blue Air, EasyJet, Norwegian, Ryanair, Volotea e Vueling. Essi chiedono a gran voce la modifica del testo del Decreto all’esame della Camera dei Deputati.
Ma perché tutto questo scandalo? Facciamo un po’ di ordine.
Cosa troverai in questo articolo:
Decreto Rilancio: sotto osservazione gli artt. 198 e 203
A rappresentare il Pomo della Discordia sono proprio gli articoli 198 e 203 che mirano a salvaguardare per l’ennesima volta Alitalia ma, questa volta, con il concreto rischio di allontanare le compagnie low cost dai nostri cieli.
Secondo quanto riportato da Il Post, il Decreto Rilancio” stabilisce la definitiva nazionalizzazione di Alitalia, una compagnia aerea in crisi da molti anni e che negli ultimi tre anni è sotto amministrazione commissariale. Essa è sopravvissuta solo grazie ai continui prestiti concessi dai precedenti Governi.
La nazionalizzazione di Alitalia ha, ovviamente, suscitato non poche polemiche. Molti esponenti del mercato aereo hanno accusato il governo di spendere soldi per tenere in piedi un’azienda ormai destinata al fallimento. Ad onor del vero, la parola “Alitalia” non compare mai nel testo del decreto.
Però si parla di stanziare circa 3 miliardi di euro per la “costituzione di una nuova compagnia aerea che sia completamente gestita dal Ministero dell’ Economia”.
Gli addetti ai lavori parlano di una nazionalizzazione che avverrà attraverso la creazione di una nuova compagnia (chiamata in gergo “newco”). Essa sarà di proprietà dello Stato. La nazionalizzazione partirà, prendendo in affitto alcuni rami d’azienda della vecchia Alitalia e poi proseguire con l’acquisto definitivo.
Da precisare che il fondo di aiuti stanziato per il settore si aggira intorno ai 350 milioni.
Le richieste di Aicalf
Secondo quanto riportato da Repubblica, l’Associazione Italiana Compagnie Aeree Low Fares (AICALF) hanno richiesto una modifica al testo del Decreto Rilancio. L’Associazione reclama la possibilità di estensione sull’accesso al Fondo di ristoro per il trasporto aereo a tutti i vettori con licenza europea stabiliti in Italia.
Inoltre, richiedono il pieno riconoscimento della validità dei contratti aziendali già stipulati dalle compagnie aeree con le organizzazioni sindacali.
Richieste legittimate dalla Commissione Europea. Infatti, a più riprese, ha intimato i Governi comunitari a predisporre degli aiuti statali applicabili a tutte le imprese con sede nel territorio dell’ Unione Europea. Senza alcun tipo di discriminazione. Per questo, tutti i governi europei, infatti, hanno stanziato ingenti risorse per salvare le principali compagnie aeree duramente colpite dalla crisi. Il COVID-19 ha purtroppo portato a un blocco quasi totale nel numero di voli aerei.
Nazionalizzazione Alitalia: quali sono i rischi per il mercato aereo?
Il sindaco di Palermo Leoluca Orlando, dal suo profilo Twitter, ha evidenziato i rischi che possono scaturire da questa manovra:
- Primo su tutti: un diseconomico monopolio di Stato in conflitto con le norme UE sul libero mercato;
- Secondo: il rischio di isolare la Sicilia con tutti le conseguenze del caso.
Un mercato monopolistico di questo genere potrebbe non garantire dei prezzi dei biglietti concorrenziali e accessibili a tutti, bloccando così i voli dalle Isole.
Bloccare il trasporto aereo dell’Isola, significa congelare uno dei pilastri portanti dell’economia regionale. Il turismo e la mobilità dei lavoratori e studenti deve essere il punto-chiave della ripartenza dell’economia italiana.
La domanda,quindi, è una sola e allo stesso tempo legittima: “Vale la pena sacrificare il mercato aereo a favore di una compagnia di bandiera?”
Vincerà una forma tossica di orgoglio patriottico oppure il buon senso? Non ci resta che aspettare e scoprirlo!