Con la fase di lockdown, l’Italia ha conosciuto una vera esplosione dei consumi di ortofrutta e di generi alimentari. Il perchè è facilmente ipotizzabile e tutto questo, ad oggi, ha portato da un lato un beneficio evidente per il settore, dall’altro invece, non poche problematiche. Coldiretti è uno degli organi che parla del problema e ci spiega cosa sta succedendo al mercato italiano. Vediamolo assieme!
L’Osservatorio The World after Lockdown si occupa di gestire in maniera continua, le statistiche sull’impatto del lockdown sulle vite degli italiani (vedi qui). Focus di questi report sono, ovviamente, relativi al mondo che ci aspetta dopo la fine della “chiusura del mondo” e la successiva ripartenza delle economie. Come si evince dai dati presenti sul sito, il monitoraggio viene effettuato su di un campione di 1.000 italiani responsabili degli acquisti (dai 18 ai 65 anni).
I dati provenienti dall’Osservatorio evidenziano una impennata nei consumi di ortofrutta con i consumi di frutta al +20,4% e di verdura al +13.4%. Secondo l’indagine The Wolrd After Lockdown un cambiamento dei comportamenti di acquisto che continuerà con il trend anche nella Fase 2.
L’Osservatorio “The world after lockdown” di Nomisma e Crif evidenzia l’importanza che ricopre l’origine nazionale del prodotto ortofrutticolo per il 60% dei consumatori e ciò vale anche per tutti i prodotti a km zero o del territorio (45%). Una riscoperta dovuta proprio alla presenza del virus in Italia.
Le stime Coldiretti, realizzate sulla base delle previsioni Europech per il 2020, non sono rosee. Crollano i raccolti di frutta estiva con percentuali che variano di prodotto in prodotto. Si parte dal -28% per pesche e nettarine al -56% per le albicocche, in forte calo sono anche i raccolti di ciliegie, il tutto con una influenza notevole sui prezzi al consumo. Ridurre a livello nazionale la produzione di pesche e nettarine del 28% non vuol dire bassi volumi; si parla comunque di un raccolto di quasi 820mila tonnellate che colloca l’Italia in Europa dopo la Spagna. Nonostante questa recessione l’Italia resta primo produttore di albicocche con 136mila tonnellate, un quantitativo che è però più che dimezzato rispetto allo scorso anno (-56%).
Questi sono i due esempi riportati da Coldiretti che, nel suo rapporto, non ha rosee percezioni nemmeno per l’Eurozona. La previsione complessiva per la produzione di frutta in Europa vede una contrazione europea del raccolto del 37% per le albicocche e del 19% per pesche e nettarine rispetto al 2019. Situazione precaria dal punto di vista lavorativo e dal punto di vista climatico. Insomma, nessun fattore ha fatto sì che l’ortofrutta potesse vedere segni di ricrescita nei volumi prodotti. Questo blocco, ricordiamo, ha gravato tantissimo sulle unità operative impegnate nei raccolti, tantissime persone impegnate nel settore sono rimaste a casa e tanti raccolti sono andati persi. Tutto questo, ovviamente, a seguito della pandemia Covid 19 che ha portato alla chiusura delle frontiere ai lavoratori stranieri che ogni anno attraversano il confine per un lavoro stagionale in agricoltura per poi tornare nel proprio Paese.
Il rischio per Coldiretti è evidente. Una ridotta diponibilità di frutta nazionale può provocare un deciso aumento delle importazioni dall’estero da spacciare come Made in Italy. Infine, il rapporto Coldiretti si conclude con un elogio di quelli che sono i primati che detiene l’Italia in tante importanti produzioni agricole: dalle mele e pere fresche, dalle ciliegie alle uve da tavola, dai kiwi alle nocciole fino alle castagne mentre è seconda per la produzione di pesche, nettarine, meloni, limoni, arance, clementine, fragole (coltivate in serra), mandorle e castagne.
Durante la pandemia, o meglio, durante i mesi di totale chiusura del mondo, alcuni settori hanno continuato a lavorare. Per primo, il settore agroalimentare che non si è mai fermato, con lui, tutte le aziende complementari, dai produttori di packaging ai settori dei trasporti. L’approvvigionamento alimentare degli italiani è stato garantito grazie a oltre 3 milioni di lavoratori che nonostante i rischi per la salute hanno continuato a lavorare in piena pandemia tra aziende agricoli e supermercati. E’ quanto emerge da una analisi della Coldiretti in riferimento ai dati Istat sul commercio al dettaglio nel mese di marzo con l’alimentare che in controtendenza è l’unico settore in crescita del +3,5% in valore e del +2,1% in volume, su base tendenziale. Un risultato che è il frutto di un forte aumento in supermercati (+14%) e discount (+7,5%) mentre calano gli ipermercati (-9,1%) ed tengono i piccoli negozi alimentari (-1%).
I dati dei supermercati registrano spaventosi aumenti del 145% negli acquisti di farina, +78% arance, +60% mele, +57% mozzarella, +57% uova, +32% formaggi, +31% salumi, +25% riso, latte +22% e +14% pasta secondo elaborazioni Coldiretti su dati Ismea/Nielsen.
Accanto gli aumenti in consumi, vi è stato il relativo aumento dei prezzi, fisiologico in queste situazioni. I prezzi sono aumentati sotto la spinta della crescente domanda, dalla frutta (+8,4%) alla verdura (+5%) ma anche latte (+4,1%) e salumi (+3,4%). Ma anche il prezzo della pasta (+3,7%), dei piatti pronti (+2,5%), del burro (+2,5%), dei formaggi +2,4%), dello zucchero (+2,4%), degli alcolici (+2,1%) delle carni (+2%), del pesce surgelato (+4,2%) e dell’acqua (+2,6%).