Tenaris: il leader che soffre il coronavirus
L’impatto del coronavirus, riversatosi sull’andamento del titolo del petrolio, non ha tardato ad intaccate le multinazionali ad esso collegate.
Prendete una pandemia globale e affiancatela a un mercato instabile, le conseguenze non possono che essere disastrose. Questo è proprio quello che è successo all’azienda Tenaris, il maggior produttore a livello mondiale di tubature per il settore petrolifero infatti, ha dovuto correre ai ripari attuando una strategia che di certo non porta a risultati positivi.
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Cos’è Tenaris
Il marchio nasce nel 2002, anno in cui la multinazionale italo-argentina Techint ha deciso di riunire sotto un unico gruppo le attività produttive di tubi in acciaio da lei possedute. Negli anni, l’azienda è riuscita ad acquisire potere, diventando leader indiscusso non solo nella produzione di tubi e servizi per l’esplorazione e la produzione di petrolio, ma anche di gas. Attualmente, viene quotata al NYSE (borsa di New York), nell’indice FTSE MIB della borsa Milano (che racchiude le 40 maggiori aziende in termini di capitalizzazione), alla borsa di Buenos Aires e di Città del Messico.
Nel 2019 ha avuto ricavi per 7,29 miliardi di dollari, con una piccola contrazione (5%) rispetto all’esercizio precedente dovuto a un calo di performance in alcuni Paesi. Dato altrettanto corposo ma purtroppo sempre in contrazione (-15%), quello dell’utile netto registrato per 742,69 milioni di dollari, mentre per azione 0,63 dollari.
Le premesse fatte per il 2020 invece, almeno per ora, non hanno potuto trovare riscontro a causa di tutto quello che concerne l’attuale andamento del titolo, questo infatti, da inizio anno ad oggi ha subito un forte calo. Tali premesse, riguardavano un incremento delle vendite con una promessa fatta dal management riguardante un miglioramento della marginalità nel primo trimestre rispetto all’anno precedente, grazie alle sinergie previste dall’integrazione con IPSCO.
L’origine di questo declino è ovviamente attribuita al coronavirus, che ha creato disagi nel mondo dell’economia a causa di tutte le restrizioni che stiamo vivendo. A far risalire il prezzo dei barili del greggio, non è servita nemmeno la riunione Opec+ e Messico con la quale si è arrivarti a stabilire un taglio della produzione di 9,7 MLN di barili al giorno, infatti, dopo i primi risconti positivi il prezzo è comunque tornato a scendere.
Le conseguenze del coronavirus su Tenaris
Stando a quanto detto al mercato, il gruppo nei giorni scorsi ha annunciato la chiusura di alcuni impianti negli Stati Uniti a causa dei problemi derivanti dal prezzo del petrolio e soprattutto, dall’emergenza coronavirus. Per inciso, nel comunicato vi erano testuali parole: “In risposta a uno scenario avverso di calo dei prezzi del petrolio e del gas, eccesso di offerta sul mercato petrolifero senza precedenti e restrizioni operative originate dalla crisi del Covid-19, la società sta ristrutturando le sue attività negli Stati Uniti”.
Subito dopo tale decisione pertanto, sono stati chiusi gli impianti di: Koppel e Ambridge in Pennsylvania, Brookfield in Ohio e Baytown in Texas, ma come se ciò non bastasse, l’azienda ha dovuto addirittura ridurre il livello occupazionale e adeguare i livelli di produzione nelle altre strutture, in linea con la domanda del mercato, per lo meno fino a quando le condizioni non miglioreranno e si potrà tornare ad operare in tutta normalità.
Come andrà a finire?
Se il trend dovesse mantenersi positivo, potremmo certamente ben sperare nel ritorno alla normalità, l’economia però, dopo aver subito questo impulso ci metterà un bel po’ a risanarsi, testimoni infatti tutti questi casi di aziende che devono correre ai ripari, chiudendo stabilimenti e attuando riduzioni del personale. Una delle ultime, la protagonista dell’articolo: Tenaris, che da leader mondiale, sta sentendo le conseguenze di una crisi che ha paralizzato tutti i settori. E’ ovvio che in questa situazione, il piede è saldamente fermo sull’acceleratore per aprire le aziende il più presto possibile, portando con se d’altronde non pochi malcontenti. Bisogna aspettare l’inizio della “Fase 2” per avere i primi responsi e capire come e quando l’intera economia mondiale potrà riprendere a respirare.