Un taglio consistente, senza precedenti, pari a 9,7 MLN di barili al giorno, riguarderà la futura produzione di petrolio. Tale decisione è stata generata dall’intenzione di frenare la ripida caduta del prezzo del greggio causa COVID-19. Si è giunti all’intesa a seguito di un compromesso tra Opec+ e Messico, ovvero l’accettare da parte del paese tricolor di ridurre la propria produzione di “soli” 100 mila barili contro i 400 mila di precedenti ipotesi di accordo. Il taglio complessivo, dunque, scenderà di 300 mila unità rispetto ai 10 MLN stimati venerdì. Esso partirà dal primo maggio pv e perdurerà per due mesi, dopo i quali andrà gradualmente diminuendo.
A margine del paragrafo introduttivo, ricordiamo che l’Opec+ è nato il 30 novembre 2016 a seguito della decisione dell’Opec di tagliare la produzione di 1,2 MLN di barili al giorno a partire dal primo gennaio 2017. Tale “nuova organizzazione” prevede il suffisso + in quanto ai 1,2 MLN di tagli Opec, se ne sono aggiunti altri 600 mila (di cui 300 mila in capo alla Russia)
Trattasi della riduzione di produzione più grande della storia, accordo che è stato raggiunto nella giornata di domenica in una videoconferenza coinvolgente i maggiori Paesi Produttori (dopo una settimana di trattative nonstop). Il figurato “cessate il fuoco” tra Arabia Saudita e Mosca dovrebbe avere come conseguenza il sostenimento del prezzo del greggio, il quale da inizio pandemia Covid è crollato di almeno un terzo a seguito di una contrazione della domanda globale (tonfo che non si vedeva dai tempi dell’invasione USA in Iraq, al fine di spodestare il regime di Saddam Hussein).
Bloomberg, poi, riporta che il Messico rivaluterà la propria posizione a due mesi dall’istituzione formale dell’accordo. Gli Stati Uniti, il Brasile e il Canada contribuiranno con un taglio complessivo di 3,7 milioni di barili. Gli stati a stelle e strisce, per decisione dello stesso Trump, hanno favorito il compromesso stesso avvallando il contare il taglio della produzione USA come una riduzione di quella del Tricolor. Tale proposta era stata inizialmente rispedita al mittente da Riad, tuttavia a seguito di successive valutazioni è stata accettata al fine di non rischiare che il valore dell’oro nero sprofondasse ulteriormente.
Immediata è stata la reazione delle Borse asiatiche, che come al non si è fatta attendere: a Tokyo l’indice Nikkei perde il 2,33% a 19.043,40 punti e il Topix l’1,69% a 1.405,91 punti. Sulla Cina continentale l’indice di Shanghai cede lo 0,49% a 2.783,05 punti, mentre quello di Shenzhen lo 0,80% a quota 1.707,46 punti.
Inoltre, in mattinata i contatti in scadenza a maggio sul greggio Wti guadagnano 40 cent portandosi a 23,16 dollari dopo avere toccato anche quota 25 dollari (rally massimo di quasi 9 punti percentuali). Rialzi analoghi per il Brent, che sale a 31,87 dollari.
Emblematico il tweet (social già utilizzato Presidente per risollevare l’oro nero) di Donald Trump a seguito del buon esito della trattativa:
“L’accordo consentirà di salvare centinaia di migliaia di posti di lavoro negli Stati Uniti. vorrei ringraziare e congratularmi con il presidente della Russia Putin e il re dell’Arabia Saudita Salman. Ho appena parlato con loro dall’ufficio ovale. Ottimo affare per tutti!”.