Sta destando molto clamore, nel mondo social e non solo, il gruppo apolitico “Partite Iva insieme per cambiare”. Trattasi di un’iniziativa volta a cercare concrete soluzioni per sgonfiare la pressione fiscale, che non siano però quelle presentate nella Manovra 2020. Il gruppo pugliese, fondato dal negoziante di Monopoli Giuseppe Palmisano, vanta circa 150.000 iscritti e funge da cassa di risonanza che dà risalto all’attuale malgoverno finanziario.
Palmisano e gli altri portavoce dell’iniziativa hanno infatti stabilito un decalogo dei punti da discutere durante le riunioni del gruppo: questi variano dalla riduzione della spesa pubblica alla ormai classica lotta alla burocrazia, passando per la riduzione del prelievo fiscale e contributivo e l’abolizione dell’obbligo del pos. Sorge spontaneo chiedersi il motivo di tutto questo clamore: il casus belli è stata la nuova manovra finanziaria, ed in particolare gli elementi svantaggiosi che ha presentato alle partite Iva. Nel segiuto dell’articolo, si entra nel dettaglio.
10 mila lavoratori neo-iscritti al regime forfetario dovranno rinunciare all’attività autonoma. Ecco l’effetto delle modifiche alla flat-tax, contenute nella nuova legge di bilancio del governo Giallo-Rosso. Nello specifico, trattasi di coloro che nell’anno appena trascorso hanno aperto la partita Iva, i quali tuttavia ricevevano allo stesso tempo un reddito derivante da lavoro dipendente o assimilato. Ma cosa prevede, in dettaglio, la legge di bilancio 2020? Il dito è puntato sull’introduzione di nuovi requisiti di accesso al regime forfetario, i quali devono necessariamente essere posseduti l’anno precedente all’applicazione del regime; tra questi, ecco la causa principale di tanto clamore: il non aver percepito redditi di lavoro dipendente e redditi assimilati a quelli dì lavoro dipendente, eccedenti l’importo di 30 mila euro. Da dati fatti trapelare dall’Osservatorio Statistico dei Consulenti del Lavoro, questa si ne qua non svantaggia i titolati di partita Iva che oscillano tra i 51 e i 65 anni (4.084 abbandoni) nonché i pensionati over 65 (3.527).
Apparentemente, vi sono dei vantaggi rispetto alla generalità dei contribuenti: al giorno in cui si scrive, chi non supera la soglia di 65.000 Euro di volumi d’affari salda il proprio debito con il fisco con una percentuale del 15% (che scende al 5% in caso di primi cinque anni di attività) su un reddito abbattuto forfetariamente seguendo i settori di attività. C’è però un inghippo: la Legge di Bilancio aggiunge anche novità da matita rossa per il regime forfetario, i.e. il limite di 20mila euro di spese per dipendenti e collaboratori. Inoltre non saranno più cumulabili redditi di lavoro dipendente, pensione e assimilati aventi un valore superiore a 30 mila euro. Si devono infine aggiungere le note negative delle commissioni bancarie, derivanti dall’incentivazione della moneta elettronica: un ulteriore perdita di guadagno. Per ogni transazione con carta di credito ha luogo, infatti, una doppia imposizione gravante sia sul pagante e sull’esercente. A causa di tutti questi svantaggi, il regime è tutt’altro che agevolato, sebbene sembri destinato a fasce meno forti di imprenditori e professionisti.
Dallo studio dell’Osservatorio Statistico del Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro già citato in precedenza, emerge quale sia l’impatto di queste novità, con un focus sugli effetti delle modifiche al regime della soglia. Ecco i risultati:
[bquote by=”Osservatorio Statistico del Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro”] “Dall’analisi risulta che sono circa 10 mila i lavoratori con redditi da lavoro o da pensione che non avranno più convenienza quest’anno a svolgere un’attività autonoma. In particolare, desisteranno dall’arrotondare la pensione circa 3,5 mila neo iscritti over 65 e dall’incrementare i propri guadagni circa 4 mila autonomi fra i 51 e 65 anni con redditi superiori ai 30 mila euro l’anno.”[/bquote]
[bquote by=”Marina Calderone” other=”Presidente Nazionale dei Consulenti del Lavoro” ] “È da diversi anni che annotiamo provvedimenti normativi non mirati a incentivare il lavoro autonomo. Quest’anno in particolare le modifiche al regime delle compensazioni e anche a quello della responsabilità solidale negli appalti rischiano di creare realmente un distacco con il sistema produttivo. Confidiamo che il percorso parlamentare possa migliorare queste norme, che peraltro si aggiungono ad un quadro normativo complessivo non certo favorevole a chi vuole fare impresa. Alle difficoltà che si incontrano con l’assenza di infrastrutture adeguate e con un sistema bancario non sempre vicino agli imprenditori, si aggiungono anche alcune norme fiscali che penalizzano i contribuenti onesti, già alle prese con i crediti vantati nei confronti della Pubblica Amministrazione che non riescono a incassare celermente.”[/bquote]