Il tempo passa e Netflix continua ad espandere il proprio dominio. Più aumenta la quantità di clienti abbonati, più la mole di contenuti originali (e non) presenti sulla piattaforma diventa consistente. Si è generato un circolo che ha reso la multinazionale californiana il sito di intrattenimento online più ricco degli ultimi tempi. Solo poche settimane fa, alla chiusura del terzo trimestre, l’azienda aveva annunciato che sono circa 6,96 milioni i nuovi clienti abbonati nell’ultimo trimestre, addirittura più dei 5,09 milioni previsti dagli esperti. In attesa della trimestrale il valore delle azioni della compagnia californiana è salito del 3,8%.
Da cosa deriva allora la mancanza di fiducia da parte degli investitori? Tanto più avanza la crescita della N rossa, tanto più aumentano i costi che deve sostenere. Secondo i dati in un anno l’azienda ha investito circa 11 miliardi di dollari per la produzione di contenuti originali, ricavandone poco più di 14 miliardi. Il margine ottenuto costituisce una somma che non è sufficiente, secondo gli analisti, a sostenere le spese di gestione ordinaria. Inoltre, sebbene Netflix risulti ancora superiore rispetto agli altri siti di streaming online, la concorrenza con YouTube e Amazon comincia a farsi sentire. L’unico modo che l’azienda ha per mantenere il primato di migliore piattaforma di streaming online è quello di continuare ad investire grandi capitali, che per il momento scarseggiano.
Per questo motivo una settimana fa l’azienda fondata da Reed Hastings, ha annunciato l’emissione di bond ad alto rendimento per due miliardi di dollari. Netflix potrà così garantirsi investimenti a debito che andranno a finanziare la produzione di nuovi contenuti, e altri progetti di espansione. Non è la prima volta che la società propone un’offerta a debito: è già successo sei volte in quattro anni. Ad aprile era stata emessa un’obbligazione simile, per un valore di un miliardo di dollari, la metà dell’importo necessario oggi. Il debito relativo a quest’ultima operazione va quindi ad aggiungersi agli 8,4 miliardi di debito a lungo termine che già collezionava l’azienda.