Negli ultimi 20 anni i fallimenti di numerose multinazionali, quali ad esempio Parmalat ed Enron, hanno posto l’attenzione di numerosi studiosi di Management sulle motivazioni che hanno portato queste aziende al fallimento, concentrandosi particolarmente sull’incidenza della personalità del CEO nelle decisioni strategiche e nelle performance dell’impresa. Nell’ambito di questo filone di studi, il principale concetto, relativo alla personalità del CEO, su cui è stato posto un focus particolare è stato quello di Hubris.
Il concetto di Hubris ha origine nella mitologia greca; con questo termine si fa riferimento a una persona estremamente sicura di se stessa, incapace di riconoscere i propri limiti. Queste caratteristiche non fanno altro che alterare le capacità di valutazione dell’individuo, portandolo a sottovalutare i rischi e a operare scelte azzardate!
Nonostante si tratti di una tematica relativamente recente numerosi sono stati gli studi portati avanti che hanno evidenziato alcuni “sintomi” ricorrenti, come:
• Sovrastima delle proprie abilità, risultati e probabilità di successo;
• Sovrastima nelle proprie credenze;
• Sovrapposizione delle proprie posizioni rispetto a quelle degli altri.
I manager che rispecchiano le caratteristiche citate, tendono ad assumere un atteggiamento tracotante e imprudente, attribuiscono un valore eccessivo alla probabilità di successo e di conseguenza alla possibilità di ottenere delle performance soddisfacenti. Di contro li porta ad ignorare l’ipotesi del fallimento. Tutto questo non fa che influenzare le scelte strategiche messe in atto dai manager colpevoli di Hubris.
Numerosi sono i casi di fallimento associati alla Hubris, tra i più famosi: Enron, Parmalat, Global Crossing, Worldcom, Tyco.
Come detto in precedenza, le scelte strategiche messe in atto dai manager saranno condizionate dalla Hubris, la quale indurrà il manager o l’imprenditore a sentirsi invincibile. Questa “invincibilità” creerà una distorsione cognitiva che lo porterà a sottovalutare i rivali e a dare scarso rilievo alle opinioni dei suoi collaboratori.
Ci sono stati numerosi casi di grandi manager i quali, dopo aver ottenuto risultati strabilianti con le loro imprese, vengano inebriati dal loro stesso successo portandoli a compiere scelte strategiche rischiose che hanno portato le imprese, prima sulla cresta dell’onda, al fallimento.
Le aziende sopra citate presentano le medesime caratteristiche. Una repentina crescita che le ha portate dall’essere delle piccole imprese a essere delle grandi multinazionali,grazie alle strategie aziendali portate avanti dai loro top manager. Tuttavia sono accomunate dallo stesso triste destino, caratterizzato da grossi scandali e crack economici senza precedenti. Questo perché i top manager (Come ad esempio Calisto Tanzi per Parmalat e Jeff Skilling per quanto riguarda Enron) consci dei brillanti risultati conquistati e delle celebrazioni pubbliche ricevute da parte della stampa, si sono insuperbiti, arrivando a impegnarsi in strategie sempre più rischiose.
Chiaramente questo non si manifesta in ogni azienda, tuttavia sarebbe il caso di attuare determinate pratiche per evitare di incappare in questo fenomeno che come abbiamo visto può essere distruttivo.
I processi decisionali dovrebbero essere caratterizzati da un clima aperto e di condivisione, dovrebbero essere coinvolti nei processi decisionali esperti interni ed esterni con diversi background culturali, questo permetterebbe l’emergere di una pluralità di idee che migliorerebbero il livello e la qualità delle strategie formulate.