Brunello Cucinelli nasce nel 1953 a Castel Rigone, un piccolo borgo in provincia di Perugia, da una famiglia contadina. Dopo aver conseguito il diploma di geometra, si iscrive alla facoltà di ingegneria, ma subito interrompe gli studi.
La voglia di avventurarsi nel settore tessile nasce nel 1978, in quanto, dopo essersi fidanzato e sposato con Federica Benda, proprietaria di un piccolo negozio di abbigliamento a Solomeo, matura l’idea di un nuovo inizio, di una nuova vita. A quell’epoca il suo gesto fu visto come un atto di coraggio, vista la sua inesperienza nell’ambito e il continuo aumento dei concorrenti in questo settore in espansione.
Brunello Cucinelli ebbe, però, un’intuizione geniale che gli permise di stupire ed emergere nel mercato, soprattutto in quello tedesco, in breve tempo: colorare il cashmere degli abiti da donna.
Ebbene, qui comincia la sua impresa.
Nel 1982, infatti, si trasferisce a Solomeo, trasformandola nel punto di riferimento della sua vita familiare, imprenditoriale e spirituale. Successivamente, nel 1985 acquista il castello diroccato della città, lo restaura e ne fa la sede della sua azienda, una scelta allora azzardata: in Italia all’epoca cominciava il fenomeno della delocalizzazione all’estero delle imprese.
Il mercato nel frattempo apprezza i suoi capi e la sua impresa cresce, tantoché, nel 1994 arriva la prima collezione da uomo del marchio e l’apertura del primo negozio monomarca a Porto Cervo.
Nel 2000 il castello viene industrializzato con delle macchine di ultima generazione.
Dieci anni più tardi nasce la Fondazione “Brunello e Federica Cucinelli”, con l’intento di restaurare la dignità della figura umana, nel contesto lavorativo e sociale, diffondendo e sostenendo ogni iniziativa che valorizzasse la conoscenza, le tradizioni, la spiritualità, il territorio e, nella fattispecie, delle periferie.
È questo un aspetto cruciale per comprendere il successo dell’intera impresa; per Cucinelli le aziende non devono mirare soltanto a un maggiore profitto, ma anche alla creazione di un bene comune. Ed è per questo motivo che, nel 2014, ad opera della fondazione “Brunello e Federica Cucinelli”, viene presentato il “Progetto per la Bellezza”, che includeva:
• la costruzione a Solomeo di un teatro moderno nella struttura stessa (seppur pieno di echi classici), dove si susseguono artisti internazionali e nazionali, creando così un centro di cultura attiva;
• l’erezione di un anfiteatro, in cui durante le stagioni più calde si allestiscono spettacoli e laboratori culturali;
• l’apertura di una biblioteca Neoumanistica per gli impiegati, con i libri di alcuni dei suoi pensatori preferiti (tra i quali Immanuel Kant e John Ruskin);
• la ristrutturazione di edifici, vie, piazze, giardini, spazi pubblici e diverse costruzioni adiacenti al centro storico.
Cucinelli ha oltretutto aperto una scuola di “Arti e Mestieri” in cui si formano gli “artigiani contemporanei”, attenti, sì, alla tradizione seppur proiettati verso il futuro, dove la tecnologia è vista come un mezzo per alimentare la propria creatività.
Il punto di forza dell’azienda risiede nella centralità dell’uomo nel sistema imprenditoriale, tanto da essere definito “capitalismo umanistico”. Tale sistema prevede investimenti nel paese di Solomeo, affinché si migliori la vita dell’intera comunità, e un occhio di riguardo verso i suoi dipendenti.
Cucinelli cerca, infatti, di metterli a proprio agio con spazi aziendali accoglienti, oppure concedendogli pause pranzo di un’ora e mezza. I dipendenti escono da lavoro alle 17:30 e, oltre quest’orario, sono “vietate” le mail, specie negli orari serali, in quanto Cucinelli intende preservare “l’energia creativa” dei suoi.
«Se ti faccio lavorare troppo, ti rubo l’anima», è quanto sostenuto da Brunello, il quale investe, nella sua azienda, il ruolo di “custode” e non di despota, guadagnandosi l’appellativo di “imprenditore etico”.
Il sogno di ridare dignità morale ed economica al lavoro dell’uomo di Cucinelli deriva dalla testimonianza personale delle sofferenze lavorative subite dal padre, il quale abbandonò la vita campagnola, per un lavoro in fabbrica. Cucinelli ha raccontato di ricordarsi di lui esausto e spesso umiliato dai suoi colleghi per le sue vesti da contadino. Nel borgo di Solomeo ha visto nascere l’occasione di creare l’ambiente lavorativo che suo padre aveva solo sognato, oltre a rivitalizzare un posto che gli abitanti avevano abbandonato.
I tratti che contraddistinguono il brand sono la qualità eccellente del cashmere, morbidissimo, di prima scelta, proveniente da fonti sostenibili presenti in Mongolia e nel nord dell’India; la ricerca estetica nella manualità; un mix di creatività ed artigianalità; design completamente Made in Italy al tempo stesso classico, contemporaneo ed innovativo ed ultimo aspetto, ma non meno importante, la longevità di ogni capo.
Ognuno è unico e fatto per durare nel tempo; nella visione di Cucinelli, non può essere gettato via, deve essere tramandato, in quanto la sua durata è il simbolo del suo valore. I prezzi alti sono giustificati, oltre che dalla qualità del prodotto stesso, anche da tutto ciò che sta dietro al prodotto, per esempio dagli stipendi dei suoi operai, pagati in media più del 20 % rispetto alla media italiana dei lavoratori nell’industria manifatturiera.
Dal 27 aprile 2012, l’impresa è stata anche quotata alla Borsa di Milano; alla fine della prima giornata il titolo ha chiuso in aumento di quasi il 50%, rispetto al prezzo iniziale pari a 7,75€, realizzando il maggior rialzo rispetto al prezzo dell’IPO da diversi anni. La quotazione in Borsa è un’occasione per far conoscere e diffondere il capitalismo umanistico ed è un modo per poter garantire una vita più duratura all’impresa, garantendole solidità finanziaria e soci internazionali, mantenendo saldi i valori fondanti.
Nel corso del 2015 il fatturato è aumentato, divenendo a doppia cifra, e si propone di distribuire il 25% dei profitti con i primi che hanno acquistato il titolo in borsa.
Secondo gli analisti ci sono ancora ampi margini di crescita, considerando che gli accessori rappresentano solo il 15% di fatturato totale e che, solo dal 2009, anche le scarpe sono entrate nella produzione dell’azienda, ampliando la gamma con profumi e altri prodotti, incrementando il mercato nei Paesi in via di sviluppo e sviluppando il commercio sul canale dell’e-commerce. Solo il 18% della produzione rimane in Italia, il 66% va metà negli Stati Uniti e in Europa, il 5% in Cina e il restante 10% nel resto del mondo.
Il motivo del successo è semplice quanto funzionante: il “no logo” che ha il vantaggio di evitare che il brand vada fuori moda. Sembrerebbe che l’azienda non faccia niente di particola per farsi largo sul mercato, se non curare con maniacale ed appassionata attenzione il suo prodotto, a partire dalle materie prime fino al processo di produzione e distribuzione.
La strategia comunicativa messa in atto negli anni è quindi raffinata ed elegante, totalmente in linea con i valori e la filosofia dell’azienda, ed ha reso possibile la diffusione e condivisione del gusto estetico e del lifestyle del mondo di Brunello Cucinelli, creando affidabilità da parte dei clienti di fascia alta del lusso di tutto il mondo, con un successo che ha portato all’apertura di circa 60 punti vendita monomarca sparsi nei cinque continenti, oltre agli altri punti vendita che commercializzano il brand, ed un fatturato che si aggira intorno ai 400 milioni, nel 2015, e ad un utile netto che supera i 33 milioni di Euro, con solo 1400 dipendenti.