Questa è la storia di un uomo, dei suoi valori, del suo amore per l’innovazione. Siamo nel lontano 1908, quando Camillo Olivetti decide di metter su la “prima fabbrica di macchine per scrivere”.
Alla base del sogno di una vita ci sono l’attenzione verso la tecnologia, la cura del design, la voglia di essere presenti nel mondo e, infine, ma non per minore importanza, la sensibilità verso gli aspetti sociali del lavoro.
Sono questi i caratteri fondamentali impressi a fuoco sulla fabbrica Olivetti, tramandati di padre in figlio, i quali trasformeranno una piccola officina artigianale, in un moderno gruppo industriale.
E sarà proprio il figlio di Camillo Olivetti, Adriano, a far grande il sogno del padre, tramandandolo e condividendolo con tutti i suoi collaboratori (manager, lavoratori, sindacati e consumatori).
Uno dei principali problemi strategici delle aziende di oggi, è dovuto al fatto che i loro leader non comprendano fino in fondo l’importanza di condividere, con i propri collaboratori, una vision.
Questa è essenziale affinché essi si sentano davvero coinvolti, partecipando attivamente alla mission messa a punto per il raggiungimento dell’obiettivo finale.
Adriano Olivetti, e dapprima suo padre, avevano invece ben chiari la loro vision e il concetto di condivisione!
Come già chiaramente anticipatovi, si puntava a creare il miglior prodotto possibile, basandosi sui valori fondamentali della famiglia Olivetti:
Innovazione, cura dei dettagli, presenza nel Mondo e occhio di riguardo per i propri lavoratori, erano all’ordine del giorno.
E fu proprio grazie ai suoi ideali e al suo modo di impostare l’impresa che Adriano Olivetti avviò una fra le più grandi e moderne fabbriche del tempo.
Si investiva molto sulla tecnologia e sul design, design premiato per ben sette volte con il “Premio Compasso d’oro”: Adriano, infatti, chiamava a se i migliori ingegneri, architetti e designer del tempo; nulla era lasciato al caso, tutto era curato nei minimi dettagli, dal logo, alla finezza del design delle sue macchine da scrivere, alla struttura stessa in cui lavoravano i suoi operai.
Lo stabile, infatti era un grande spazio aperto, in vetro e ferro, costruito dai migliori architetti di quegli anni, in quanto il Sig. Olivetti sosteneva l’importanza della luce nel posto in cui i suoi collaboratori dovevano lavorare.
La luce permetteva, in primis, di aumentare la produttività!
Essendo il luogo più confortevole di una classica fabbrica del tempo, gli operai lavoravano più volentieri e, in secondo luogo, vi era la possibilità di poter vedere i propri colleghi, favorendo anche una certa socialità all’interno della fabbrica.
Il posto in cui lavoravano, quindi, non era più visto come fosse una prigione.
L’attenzione per i suoi fu sempre in primo piano per Adriano, e prima ancora per suo padre Camillo.
Lui fu il primo a introdurre contratti di lavoro completamente nuovi, con salari e orari di lavoro innovativi per quegli anni.
Fu, oltretutto, redatta la Carta Assistenziale, tra il 1949 e il 1950, dal Consiglio di Gestione, la quale sosteneva, in riferimento alla mutua aziendale (Fondazione Domenico Burzio), creata nel ’32, che:
“Ogni lavoratore dell’Azienda contribuisce con il proprio lavoro alla vita dell’Azienda medesima […] e potrà pertanto accedere all’istituto assistenziale e richiedere i relativi benefici senza che questi possano assumere l’aspetto di una concessione a carattere personale nei suoi riguardi”.
Chiunque lavorasse nell’Olivetti, quindi, non era un semplice operaio.
Faceva parte di una grande famiglia e, anche nel caso in cui le cose non fossero andate come si sperava, nessuno andava via: al picco verso il basso, doveva corrispondere un aumento della produzione, affinché si compensasse lo scompenso.
Altro aspetto fondamentale per il trionfo dell’Olivetti fu certamente il marketing messo a punto da Adriano.
Lui, infatti, investì molti dei suoi fondi in pubblicità e nella scelta strategica in cui situare i suoi punti vendita.
Un esempio, in Italia, ci è fornito dall’ormai chiuso negozio Olivetti, di cui resta ancora oggi, però, l’insegna, situato in Piazza “San Marco” a Venezia.
Tuttavia, furono aperti numerosi punti vendita nelle maggiori città italiane ma anche e soprattutto all’estero, come negli Stati Uniti e nel Giappone.
In Giappone, oltretutto, Olivetti fu il primo a portare una macchina da scrivere, inserendosi in un mercato difficile da conquistare in quegli anni.
“L’operazione di marketing meglio riuscita di Adriano Olivetti, probabilmente, fu il finanziamento del film “Kyoto”, di Kon Ichikawa, dopo l’apertura del punto vendita anche in Giappone, preceduto, però, da una svariata serie di spot pubblicitari, girati ad hoc per la conquista del nuovo mercato”.
Come ci racconta Enrico Martoglio, figlio di Giovan Battista Martoglio, ingegnere capo dell’Olivetti durante gli anni d’oro della fabbrica.
Insomma, nulla era lasciato al caso.
Adriano Olivetti investiva gran parte del suo capitale sociale, però, in un progetto più grande e lungimirante: l’elettronica digitale.
Sin da subito, affascinato dai primi elaboratori, decise di finanziare le risorse umane della sua azienda, affinché si potesse giungere alla creazione del primo computer dell’epoca.
Ebbene, nel suo laboratorio, in cui lavoravano ben 400 persone, fu creato il primo mainframe di tutta Italia nel 1959, l’ “ELEA” (ELaboratore Elettronico Automatico), il primo supercomputer a transistor dell’epoca, costruito in 40 esemplari, grazie allo sviluppo delle idee di Mario Tchou, ingegnere informatico italo-cinese, fra i maggiori sviluppatori dell’Olivetti.
Con la morte di Adriano, il 27 febbraio 1960, e con l’oneroso peso degli investimenti, il progresso verso l’elettronica fu rallentato.
Eppure, nel 1978 esce la prima macchina per scrivere elettronica, a livello mondiale, e nel 1982 il primo PC professionale europeo.
Negli anni ’80, sostenuto da una vasta rete di accordi, viene accelerato lo sviluppo nell’informatica e nei sistemi.
La riduzione dei margini di redditività del business informatico, infatti, e i nuovi sviluppi delle telecomunicazioni, spingono l’Olivetti, negli anni ’90, a spostare il proprio equilibrio verso questo settore.
Nasce l’Omnitel, nel 1990, e Infostrada (1995) e poi, dopo aver acquisito il controllo di Telecom Italia (1999), si fonde ad essa nel 2003.
L’attuale Olivetti, tutt’ora controllata da TIM, mantiene viva la tradizione di qualità e innovazione, operando sul mercato come solution provider.
Integra tutt’ora prodotti innovativi con servizi evoluti, in grado di automatizzare processi e attività aziendali: l’offerta spazia dai tablet grafometrici alle lavagne interattive multimediali (LIM), alle piattaforme cloud per ambienti didattici digitali, a soluzioni innovative di Asset Management, piattaforme di Managed Print Services, registratori di cassa, POS e software integrati per la gestione automatizzata dei punti vendita, stampanti 3D, soluzioni cloud per il retail e le piccole e medie imprese, applicazioni per specifici settori di attività, ecc..
In fin dei conti, forse, qualcuno ha realizzato il suo sogno.