Gli stress test rafforzano la credibilità delle banche italiane
I risultati degli ultimi stress test, effettuati dall’Autorità Bancaria Europea (EBA), su cinquantatre istituti bancari, sono piuttosto positivi per le banche italiane, eccezion fatta per la storica banca senese Mps (-2,23%), che si consola, con l’approvazione da parte della Commissione dell’Ue, di un “piano di salvataggio” su cartolarizzazione.
Hanno superato il test UniCredit (7,10%), Banco Popolare (9,0%) e UBI Banca (8,85%), malgrado, in caso di crisi finanziaria, presentano un Cet1 nel 2018 al di sotto della media europea (9,4%).
Intesa San Paolo (10,24%), rientrata invece fra le migliori venti banche d’Europa.
“Ora la credibilità delle banche italiane è rafforzata, ma occorre che le istituzioni europee e italiane lavorino ancora per realizzare più regole comuni per la corretta concorrenza per il mercato bancario” dice il presidente dell’Abi, Antonio Patuelli, in un articolo de “La Repubblica” in risposta agli stress test, nonostante anch’egli sottolinei quanto l’esercizio sia stato oneroso, “con assai improbabili scenari avversi e una impostazione sfavorevole in partenza verso le banche impegnate principalmente nei prestiti alla clientela (come le italiane) per le quali, per esempio, non sono stati conteggiati gli interessi relativi ai crediti deteriorati di ciascuna banca, nonostante le concrete probabilità di almeno parziali incassi di detti interessi”.
Lo stress test
Lo stress test delle banche nasce, nel 2009, negli Stati Uniti, per poi essere utilizzato anche in Europa per verificarne la stabilità del sistema bancario.
Parliamo, dunque, di uno strumento abbastanza complesso, utilizzato per valutare la tenuta del sistema bancario, in caso di particolari scenari critici, di organizzazioni e istituti bancari che superano una certa soglia di capitale (cento miliardi di dollari).
Essenzialmente si tratta di uno strumento, chiamato Scap (Supervisionary Capital Assessment Program), che esamina la quasi totalità dei dati delle banche di ciascun Paese, per valutarne la resistenza in caso di crisi economica.
Lo stress test è molto utile nella ricerca dei punti critici delle banche, affinchè, successivamente, si possano configurare dei piani di “risanamento”, per rafforzare lo stato patrimoniale degli istituti.
Un altro degli obiettivi è quello legato all’aumento di fiducia reciproca nel sistema economico, favorendo così anche i prestiti fra le varie banche.
Il Cet1
Il parametro di riferimento dello stress test è il Cet1 (Common Equity Tier 1), che misura la solidità patrimoniale delle banche o degli istituti.
Come calcolare il Cet1?
Il Cet1 è il rapporto fra il capitale disponibile e le sue attività ponderate a rischio.
La soglia minima del Cet1, prevista dalla BCE, è del 10,50%.
Gli stress test del 2014
Nel 2014 sono stati effettuati i primi stress test in Europa e l’analisi ha coinvolto 130 istituti, di 19 Paesi europei.
Dai risultati, giunti nell’ottobre del 2014, solo tredici banche sono state bocciate agli stress test, fra cui quattro italiane (Mps, Banca Carige, Banco Popolare di Vicenza e Banco Popolare di Milano), malgrado fossero state evidenziate delle criticità in ben ventitrè banche europee.
Gli stress test 2016
Lo stress test consiste essenzialmente in due prove, o meglio, in due scenari: uno scenario base (baseline) e uno scenario avverso (adverse).
Lo scenario avverso è tuttavia lo scenario che “fa tendere l’ago della bilancia”.
Quest’anno, a differenza degli stress test del 2014, non era stata stimata una soglia minima di capitale, affinchè gli istituti bancari sotto esame potessero essere promossi.
Dunque quest’anno l’obiettivo era diverso, non si cercava di individuare le banche con la necessità di aumentare il proprio capitale, in modo tale da riuscire a fronteggiare la crisi, benchè, in realtà, si cercava di riesaminare le vulnerabilità restanti, dagli ultimi stress test, e capire l’eventuale risposta delle banche in caso di dinamiche finanziarie particolarmente delicate.
Nello scenario avverso della prova di quest’anno, si ipotizzava in Italia una caduta del PIL reale, nel triennio 2016-18, di quasi sei punti percentuali, rispetto alle previsioni dello scenario base, 10 punti percentuali inferiore a quello dell’inizio della crisi finanziaria del 2007, nel 2018.
Si ipotizzava, oltretutto, la svalutazione di ben il 12% dei titoli di Stato, a lungo termine.